venerdì 2 dicembre 2011

No. Di sanità bulgara si può anche morire...

E' il seguito del titolo dato al mio post del 18 agosto 2011, nel quale esprimevo tanta speranza e qualche dubbio sulla sanità bulgara, riferito in particolar modo alla burocrazia.
Un mio carissimo amico era solito dire che chi lavora è soggetto a sbagliare, per non sbagliare mai basta non lavorare. E' vero. Il problema non sta tanto nell'errore, quanto agli effetti che ne conseguono. Se il cassiere sbaglia a battere uno scontrino basta correggerlo, se un chirurgo amputa la gamba destra invece della sinistra, allora sono uccelli amari.
Purtroppo, nel campo sanitario, gli errori possono portare anche alla morte o ad handicap gravi e irreversibili. Basta leggere i giornali o sentire i telegiornali per accorgersi con quanta leggerezza, molte volte, è considerata la vita umana. I nostri ospedali del sud, oltre ad avere delle eccellenze nel campo sanitario, detengono spesso il triste primato di malasanità dovuta soprattutto a negligenza e disattenzione. La Bulgaria, pur essendo una piccola nazione, non è inferiore all'Italia per numero di casi di malasanità. Non più tardi di un mese fa ho letto della morte di due puerpere nello stesso ospedale; è stata aperta un'inchiesta e quasi certamente le morti sono sopravvenute a causa di negligenze degli operatori. E a queste negligenze non c'è rimedio visto che abbiamo una sola vita.
Nei miei articoli riguardanti la sanità in Bulgaria, ho sempre espresso, finora, totale fiducia e stima nei medici che mi stanno curando, e continuo ad averne. Ciò nonostante, anch'io sono stato vittima di un errore, dal quale sono uscito indenne per puro caso. Ma questo è dovuto non ad incapacità ma a grave disattenzione o negligenza. Racconto l'accaduto per evitare, con l'attenzione e la conoscenza anche di noi pazienti, che queste cose possano ripetersi.
Finito il mio primo ciclo di sei sedute di chemioterapia locale alla vescica, dopo tre mesi di riposo mi presento all'istituto oncologico per l'inizio del secondo. Alla seconda base del reparto dell'ospedale universitario S. Giorgio ripetono esattamente le dosi del primo ciclo, e cioè: mi danno le fiale necessarie a quattro sedute, e subito dopo dovrò fare richiesta per le altre due. In tutto sei dosi. Faccio le prime tre applicazioni e alla quarta, l'infermiera che settimanalmente si cura di me, una signora attempata, molto gentile e professionalmente preparata, mentre mi inietta la medicina domanda – per puro caso – se fosse l'ultima delle tre. Renata, la mia compagna, risponde che no, quella era la quarta e che la settimana successiva dovremo andare a ritirare le ulteriori altre due. Sorpresa, rabbia e qualche imprecazione da parte dell'infermiera. Alla seconda base hanno sbagliato a darci le dosi, perché il secondo ciclo prevede tre applicazioni e poi tre mesi di riposo, mentre il terzo ciclo continuerà con altre tre applicazioni e sei mesi di riposo. L'infermiera ne ha una perfetta conoscenza, essendo giornalmente a contatto con decine di pazienti soggetti alle sue cure. Ne parla con il medico e questi annuisce alle rimostranze dell'operatrice: hanno fatto un grosso errore e non è la prima volta.
Ormai la frittata è fatta e un'applicazione in più è sopportabile, ma resta comunque il fatto. Se l'infermiera non avesse fatto quella domanda o fosse stata assente per qualsiasi motivo, l'errore avrebbe potuto causarmi, forse, conseguenze più gravi. Penso che chi ha sbagliato sia stato già avvisato, ma mi riprometto di conoscere capillarmente, d'ora in poi, l'intero programma terapeutico.
Oggi 2 dicembre, con un'amica bulgara che conosce la lingua italiana (me ne scuso con gli amici bulgari, ma la vostra lingua per me è molto difficile), mi reco alla seconda base, dove mi avevano dato le fiale e molto educatamente e con la massima calma facciamo presente a un'infermiera l'increscioso errore in cui erano incorsi. Questa ci manda in un altro ufficio a ritirare la nostra cartella clinica e glie la portiamo perché sia controllata dal medico di turno. Ci fanno aspettare una buona ora tergiversando che il medico aveva parecchie visite da fare. Alla fine ci dicono che dobbiamo andare dall'urologo della prima base e far presente a lui il nostro problema. Sapendo benissimo che ci stavano prendendo in giro, perché erano loro che avevano sbagliato, perdo la pazienza e inizio ad alzare la voce in modo molto alterato. In un battibaleno siamo ricevuti, con estrema cortesia, dal medico tanto indaffarato. Non sapendo dove aggrapparsi, ci dice che è l'urologo il responsabile delle dosi. Quando gli faccio presente che voglio il programma preciso del mio percorso terapeutico, ci mostra il foglio del programma che dice di aver ricevuto solo il giorno prima. L'infermiera ci fa una fotocopia, noi facciamo finta di credere alla panzana che ci ha appena detto il medico, prendiamo appuntamento per il prossimo ciclo, e tra tanti saluti e sorrisi ci accomiatiamo.
Mentre saliamo in macchina per andar via, alzando gli occhi, vediamo il medico tanto indaffarato, tranquillamente fuori dal balcone del primo piano a fumare una sigaretta in compagnia di una giovane infermiera. Vogliamo chiamarla sanità? Ma sì, anche questa è sanità, alla bulgara...
Avevo e continuo ad avere fiducia nei medici e nel personale sanitario, ma sarà molto meglio mettere in pratica il vecchio proverbio: fidarsi è bene, non fidarsi è meglio. E soprattutto non aver paura di alzar la voce quando si sa di avere ragione.



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2 commenti:

  1. TRISTE, TRISTE E TRISTE!
    CERCA DI FINIRE LE CURE E DI STARE BENISSIMO!
    NON SO CHE DIRTI....SONO SENZA PAROLE!
    UN ABBRACCIO FORTE, FORTE E BUONE FESTE DI S. NATALE.
    SPERIAMO CHE 2012 SIA MIGLIORE <3

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  2. Ma scusa tu non sai che dopo una "scopata" una sigaretta ci sta' sempre bene? Non solo hai disturbato il "COLLOQUIO" del dottore con la giovane infermiera... pure stai a criticargli la sigaretta? ha ha ha

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