martedì 30 novembre 2010

Sarai per sempre mio fratello

Le vicende della vita portano talora a scoprire e far emergere in noi i lati più tristi e bui delle miserie umane. Quando poi queste riguardano e coinvolgono il nostro stesso sangue e la nostra stessa carne, sentiamo e portiamo dentro uno struggimento che conduce via via il nostro cuore all'inaridimento e all'indifferenza verso coloro che dovrebbero essere il nostro doppio ego. Se guardiamo al breve corso della nostra vita, quale peccato od offesa grave abbiamo arrecato o ricevuto, per indurire così questo muscolo, capace di suscitare tante emozioni, viscerali passioni, felicità o sofferenze? A volte basta un equivoco, un'inezia, una parola male interpretata a scatenare quell'inferno interiore che sempre più si espande, impedendoci di uscire da un vortice che porta, se non all'odio, all'indifferenza.
Quando i consigli di cari amici – Egisto, Rosa ed Ettore – mi hanno spinto a telefonarti per rompere il ghiaccio sempre più spesso, ti ho chiesto, amato fratello mio, se fossi sempre tuo fratello, tu mi hai risposto “lo sono sempre stato”. Allora si è sciolto come neve al sole quel gelo che avevo dentro e scrivo tuttora con gli occhi lucidi ricordando quei momenti (caratteristica, invero, molto comune in me che mi “sbrodolo” alla minima emozione).
Così, come ti scrissi due anni fa, ti riscrivo adesso virtualmente, non per sconfessare quella lettera che conteneva, tra l'altro, momenti felici della nostra vita trascorsa insieme, ma per stemperare l'acredine con la quale ho attaccato alcuni lati del tuo carattere che ho sempre criticato. Dispostissimo, oggi, a chiederti scusa perché non sta scritto in alcun posto che tu debba sopportare il mio, che non è dei migliori.
Se la sofferenza ci ha fatto ritrovare, non vorrei che questa fosse la costante del nostro riabbracciarci. Mi sarebbe piaciuto trascorrere insieme i tanti momenti persi non di questi ultimi anni ma dell'intera vita. Non immagini quanto mi sei mancato e quanto avrei voluto mettere sotto i piedi questo maledetto orgoglio. Oggi sono tre anni da quando è morto papà. Spero che da lassù, insieme a mamma, ci facciano un sorriso e ci tengano uniti per sempre come adesso.
Sei arrivato con Menina per ritrovare il fratello sofferente e, in perfetto stile kafkiano, mia cognata si trascina dall'Italia una polmonite. Ripensando adesso a quei giorni e alla situazione surreale e drammatica venuta a crearsi, mi scappa da ridere. Ora che tutto è rientrato nella normalità, vorrei pregarti di riprogrammare il viaggio in Bulgaria insieme a Menina, per recuperare quegli attimi di spensieratezza, serenità e fratellanza che finora ci siamo lasciati sfuggire. Dopo la breve gita a Plovdiv, ci sono molti altri splendidi posti in Bulgaria che ci aspettano.

Pensi che abbia dimenticato? Ricordo... ricordo perfettamente quanto mi sei stato vicino e quanti viaggi per venire a raccogliere i miei resti, da Parma a Rovere a Pazardjik... Oggi che inizio a vedere il tramonto, sogno un giardino e due fratelli che, su una panchina, fanno un revival della loro vita, magari con due panini con la porchetta e un bicchiere di vino in mano, per togliere quel tocco di crepuscolare al paesaggio.
Se ti ho offeso (lo vedi quanto sono stronzo? sto usando ancora il “se”) perdonami, fratello mio. Era solo per lenire il mio maledetto orgoglio ferito, ma dal profondo del cuore sappi che anche tu, per me, “sei sempre stato mio fratello”.

domenica 28 novembre 2010

La grande distribuzione a Pazardjik


Circa venti anni or sono, al corso per l'iscrizione al REC (Registro Esercenti il Commercio). un relatore che spiegava la parte merceologica, ci avvertiva dei rischi che i piccoli esercizi commerciali alimentari avrebbero corso non appena la grande distribuzione avesse invaso il mercato. Me ne resi conto personalmente dopo circa due anni, quando a cento metri dal mio esercizio aprì un supermercato GS. Gli incassi giornalieri subirono nel giro di un anno un crollo verticale e la stessa cosa successe ad altri esercizi commerciali a carattere familiare che stavano nei dintorni; i più deboli chiusero, altri dovettero diversificare l'attività e specializzarsi in un particolare settore merceologico.
Temo che, dopo venti anni, la stessa situazione si verificherà molto presto a Pazardjik. Quando, nel giugno 2006, arrivai in questa città di circa centomila abitanti, c'era soltanto un supermercato della catena Billa e un altro più piccolo che si chiama Tarita. Da allora, progressivamente e nell'ordine, hanno aperto i battenti Kaufland, Plus, Penny e, il 25 scorso, ha aperto anche Lidl. Quest'ultimo, che ha iniziato l'attività con una promozione per i primi quattro giorni, sta creando non pochi problemi di viabilità e ordine pubblico. Per il terzo giorno consecutivo è possibile entrare soltanto facendo una lunga fila esterna per evitare le liti già avvenute il primo giorno. Migliaia di persone escono cariche di buste, come ancora non avevo mai visto.
Qualche volta ho provato a fare previsioni a lunga e media scadenza. Un paio di anni fa, in uno dei miei post, avevo pronosticato la scalata al Colle di Gianfranco Fini, ci stiamo accorgendo tutti che fine ha fatto la mia ipotesi.

La prima impressione che si ha della città di Pazardjik, per chi vi arriva per la prima volta, è che ci siano più negozi che abitanti. A questi vanno aggiunti quei poveri cittadini che, avendo l'orticello, cercano di arrotondare la misera pensione, vendendo per strada i prodotti che coltivano: patate, miele, marmellate, pomodori, cetrioli, mele, latte, ecc. Ho assistito, in questi due anni di crisi, all'apertura e chiusura di tantissimi negozi che cercano invano, nel commercio, di trovare una soluzione per arrivare a fine mese o migliorare la propria condizione economica.
Oggi stiamo assistendo anche qui ai risvolti della globalizzazione. La grande distribuzione si scanna per acquisire la clientela, con danni molto relativi, ma presto fagociterà tutti i piccoli commercianti che già faticano a pareggiare i conti. Anche la Bulgaria, come le altre nazioni dell'est, così come noi tanti anni fa, inizia a conoscere l'altra faccia della libertà, del capitalismo, del consumismo e del libero mercato.
Anche questa volta mi auguro di sbagliare le lugubri previsioni, ma l'esperienza mi suggerisce che sarà molto dura per i piccoli commercianti. Auguri a chi resta in piedi.

venerdì 26 novembre 2010

La sinistra italiana rilancia il sessantotto










Il nuovo gioco demenziale della nostra sinistra: BU BU!!!....  SETTETEEEE!!!!....


Se si vuole imparare la lingua italiana, non serve più, oggigiorno, andare a scuola; basta connettersi a facebook, che è nato luogo d'incontro studentesco, per apprendere e scrivere le più vergognose scelleratezze che offendono cultura e linguaggio. In effetti Fb è diventato oggi un coacervo di ignoranza, ideologie politiche, poeti e poetastri, pensatori, copiatori, aforisti, cazzari, bestemmiatori, anarchici, antiberlusconiani, pedofili, canzonettisti e pari avanti tutta barra a dritta...
Ho già avuto modo di scrivere della lingua italiana e della cultura in generale stracciate e messe sotto ai piedi da mezzo popolo di Fb. Nelle scuole e nelle università si contestano le riforme senza averne lette una riga, così... a prescindere; mentre nei concorsi pubblici si bocciano negli scritti il 100% dei partecipanti, tutti laureati... ma dove stiamo andando? Sarebbe urgente e improrogabile una riforma dei cervelli, ma ci arriveremo mai? Le proteste studentesche di questi giorni, sotto l'egida delle bandiere rosse, sono prove per un nuovo sessantotto e i risultati li abbiamo sotto gli occhi: Bersani, Granata, Di Pietro, Vendola sui tetti dell'università i nuovi Masaniello, Russo Spena esce dal sarcofago a sparar sentenze, la dicono lunga su dove andrà la scuola italiana.
Per un istante ho temuto che Bersani volesse buttarsi giù, così la sinistra avrebbe avuto un martire al posto di un cospiratore, strenuo difensore della scuola del “cioè”.
Esattamente 165 anni fa Gioachino Belli scrisse un sonetto italiano che sferzava l'ignoranza di una certa élite del tempo. Se il poeta fosse ancora vivo oggi lo dedicherebbe “ar popolo, ar comune e a chi commanna”. Ecco il sonetto:

Il saggio del marchesino Eufemio
A dì trenta settembre il marchesino,
d'alto ingegno perché d'alto lignaggio,
diè nel castello avito il suo gran saggio
di toscan, di francese e di latino.

Ritto all'ombra feudal d'un baldacchino,
con ferma voce e signoril coraggio,
senza libri provò che paggio e maggio
scrivonsi con due g come cugino.

Quindi, passando al gallico idioma,
fe' noto che jambon vuol dir prosciutto,
e Rome è una città simile a Roma.

E finalmente il marchesino Eufemio,
latinizzando esercito distrutto,
exercitus lardi disse, ed ebbe il premio.

Il dubbio che mi assale è se mettere una postilla al Belli laddove parla del “gallico idioma”, per spiegare, a laureati e non, che non è un riferimento al “chicchirichì del gallo”.

giovedì 25 novembre 2010

Le incerte giornate di Pazardjik

Venerdì 19 novembre
Guardo dalle mie finestre al terzo piano gli ultimi raggi di sole sparire inesorabilmente dietro i palazzi, mentre già si accendono le prime luci nelle case. Osservo le finestre illuminate del complesso ospedaliero con infermiere e dottori intenti al loro lavoro nei laboratori e nelle stanze dei pazienti. Oggi è stata una giornata tranquilla: prelievo del sangue, iniezione, le solite 6 pasticche, controllo pressione, ecocardiografia. Ieri ho fatto la prova da sforzo su una bici ultima generazione, ma come ciclista non ho ottenuto grandi risultati, per cui martedì prossimo, al Hygia, il dottor Bukov mi sottoporrà a una coronarografia. Da questo test penso dipenda il mio futuro prossimo. Sono fiducioso.

Continuo a guardare fuori distrattamente pensando a me e alla mia vettura e come il nostro corpo si possa paragonare a un'automobile. Siamo stati fortunati, io e la mia vecchia Tempra, due motori riusciti bene. Ma l'ordinaria usura dei pezzi, inevitabilmente ci porta, prima o poi, dal meccanico. La immagino adesso, parcheggiata sotto casa, e so che mi sta aspettando: “forza, Anto', l'ultimo sforzo e si riparte”. Ci vediamo tra qualche giorno, amica mia, non ti lascio sola. 
Lunedì 15 sono entrato in ospedale per verificare e completare il lavoro fatto 35 giorni prima. Nel tempo intercorso, le chiacchiere tra amici, le casistiche, i discorsi di chi ci è già passato, ecc., mi convincono ogni giorno di più che dovrò sottopormi a un ciclo di chemio: ok, come vuole Iddio... Nel frattempo sono passato da 30 a 5-6 sigarette al giorno. Mi dico bravo da solo. Le analisi preliminari dell'Ecg accertano qualche disfunzione al cuore che sarà valutata subito dopo l'intervento.
Esco dalla sala operatoria anestetizzato dal bacino in giù, tutt'intorno visi sorridenti, domattina via il catetere e si torna a casa: Ma... la terapia... la chemio... Niente, tutto a posto, pericolo superato! Controllo trimestrale per il primo anno, poi sempre a scalare nel tempo. Grazie a Dio, alla Madonna, a Padre Pio, e... grazie al dottor Velev che ha mantenuto la promessa, sono uscito senza grossi danni dal burrone in cui ero precipitato. Però...

Prima di essere dimesso dall'ospedale, la mia amica Darina mi accompagna, carico di vecchi e nuovi Ecg, dal dottor Stanchev, reparto cardiologico. Il medico, che dietro un viso austero con barba e pizzo, nasconde un sorriso bonario, dopo aver esaminato la documentazione e fattami una ulteriore visita, decide di ricoverarmi per ulteriori accertamenti il venerdì successivo. Doccia gelata per la compagnia. Darina già immaginava, ma Renata che mi segue sempre e Dora che traduce ci restano molto male, quanto a me nessun commento. Ingoio il rospo e mi preparo al prossimo viatico. Ricordo i pupi siciliani dell'adolescenza manovrati e resi vittoriosi o perdenti dal puparo. Ecco... i fili li tira lui, io posso solo sperare di avere il ruolo di Orlando vittorioso.
Tredici camere di degenza divise tra uomini e donne. A me tocca la tredicesima. Sulla porta non trovo il 13 ma la scritta izolator. Anche in Bulgaria c'è la credenza del 13 che porta male. Evidentemente sono simpatico ai bulgari, perché è l'unica stanza decente, con un solo letto più uno per eventuale accompagno, dotata di bagno privato interno. La classifico subito “suite dei vips”. Le altre sono tutte a 4 letti con due bagni esterni in corridoio, per uomini e donne. Arrivano Renata e Dora a portarmi qualche genere di conforto culinario. Quando vanno via Dora, passando davanti al bagno degli uomini, esclama: “Mamma mia, che puzza di capra!...”. Ho voluto accertarmene mentre ne usciva uno zingaro. Sono entrato e, pur essendo nuovi e puliti, ho dovuto constatare che mai parole sono state così vere. Per quanto concerne i pasti devo sinceramente dire che, pur essendo pasti ospedalieri, sono commestibili. L'unica cosa orrida che ho buttato nel secchione è stato una specie di risotto al sugo: colla.
A differenza della stanza di “Urologia”, questa ha finestre in alluminio nuovissime (montate, però, alla bulgara), alle pareti mattonelle bianche, insomma molto più decorosamente povera della precedente, resa tale con materiali nuovi e riciclati. Mi accorgo – ma non dò a vederlo – che mi viene fatto un trattamento particolare rispetto agli altri pazienti. Anche qui, forse, è la prima volta di un italiano e vogliono almeno addolcirmi il soggiorno. Apprezzo molto e ricambio con molti blagodarià e merci. Sono certo che anche dal lato terapeutico faranno tutto quanto è nelle loro possibilità per rimandarmi a casa soddisfatto della sanità bulgara. Degli altri pazienti non parlo non perché non mi interessi, ma non voglio ledere la loro privacy e non ci capiamo e poi perché l'ospedale e la salute sono gli argomenti più tristi di cui si possa parlare: in ogni caso il percorso per arrivare a standard europei accettabili è ancora molto, molto lungo. (Una cosa che mi incuriosisce molto è il numero di rom che si vedono negli ospedali sia per terapie che per ricoveri. Mi sembra che la minoranza rom sia attorno al 4,5% della popolazione bulgara. La cosa strana è che in questi luoghi gli utenti ospedalieri siano come minimo 40% rom e 60% bulgari).

Nella vita di ognuno di noi disgraziati comuni cittadini c'è sempre un “però” che riesce a rovinare anche i momenti più belli. Ma questa volta, per me, non sarà così. Le peripezie in cui sono incappato mi hanno riportato affetti che credevo perduti per sempre e invece erano sopiti sotto un leggero strato di cenere, scoppiando d'amore alla prima scintilla. Un affetto sincero e spontaneo, talora anche immeritato, che ricambierò per tutta la vita. Non sarà questo “però” a intaccare i momenti meravigliosi di pace interiore, di serenità e di amore, che il mio cuore sta attraversando.
Questo stesso cuore, che oggi mi dicono malandato, domani sincronizzerà i suoi battiti con tutte le persone cui voglio bene e con coloro che mi vogliono bene, non ultimi gli operatori sanitari bulgari che fino adesso mi hanno accolto nelle loro strutture non come un comune paziente, ma come gradito ospite da curare al meglio.
Sicuramente, alla fine, tutto si risolverà in modo positivo, perché lassù – ne sono certo – sono parecchi ad amarmi, ma se dovesse andare diversamente, la battaglia del cuore l'avrò vinta comunque, perché dentro c'è rimasta solo la parte migliore: l'amore.

P.S. - Per gli italiani residenti in Bulgaria – perché sappiano come comportarsi in questi malaugurati casi - voglio precisare che oggi 24 novembre sono uscito dall'ospedale Hygia (che è il corrispondente di una nostra clinica privata convenzionata), dove ieri mi è stata praticata una coronarografia. Sono stato obbligato a un giorno di degenza necessaria alla mia sicurezza. Durante il ricovero mi hanno fatto anche il solito prelievo di sangue, un'ecocardiografia, due elettrocardiogrammi, colazione pranzo e cena di buona fattura, professionalità e gentilezza da parte di tutto lo staff sanitario. All'uscita mi hanno dato la terapia da seguire, e dato che questi medicinali dovrebbero essere alla stregua dei salvavita, mi hanno consigliato l'iter da seguire: sono andato alla Sdrava Kasa a comprare il Libretto delle Ricette (Rezepturna Knijka na hronichno bolnia) (3 leva), l'ho portato al medico curante che vi ha elencato i medicinali di cui ho bisogno, ho riportato il Libretto alla Sdrava Kasa per la registrazione e convalida e da oggi ho diritto allo sconto. Adesso, per favore, non fatevi una risata. In farmacia ho pagato per due farmaci 28,50 leva. Ho chiesto quanto avrei dovuto pagare senza questo documento e la farmacista mi ha risposto che ho risparmiato 5 leva. Il prossimo mese le comprerò direttamente senza fare tutta questa tiritera. Ho voluto raccontare il fatto pensando a quanto siamo fortunati noi, in Italia, nel settore sanitario. Tra un mese dovrò tornare per un controllo. Il ricovero e le cure al Hygia mi sono costati in tutto 25 leva. Se mi dovessero chiedere oggi un giudizio sulla sanità bulgara risponderei: più che positivo per quanto riguarda i medici (naturalmente è un giudizio molto soggettivo). Assolutamente negativo per l'acquisto dei medicinali. Qui, ancora, si riesce a morire per una medicina che non si è in grado di comprare, e vogliamo parlare di Europa?

venerdì 12 novembre 2010

Un post scriptum per il “Califfo”

Nella trasmissione pomeridiana “Pomeriggio sul due”, condotta da Caterina Balivo, ho assistito, oggi, alla rettifica della notizia apparsa qualche giorno fa nella quale Franco Califano chiedeva l'applicazione della legge Bacchelli alla sua persona.
Oggi, caro Franco, sappiamo finalmente che qualche amico che ti vuole troppo bene, ha tratto conclusioni sbagliate da discorsi fatti in casa tra amici e del tuo rammarico di non aver mai comprato una casa, per cui ha pensato bene di aiutarti facendo circolare la notizia di aiuto appellandoti alla legge Bacchelli.
Ho sentito la tua secca smentita, dovuta anche al fatto che non sai neanche chi è questo “signor Baccelli” e questo mi è bastato per capire che eri sincero. Hai ripetuto che ti sei mangiato tutto quanto hai guadagnato, che ti basta quello che guadagni e che non rinneghi nulla della tua vita, hai ripetuto che non hai mai chiesto niente a nessuno e anzi molte volte hai dato. Oggi ho capito quanto sono stato ingenuo a credere a quella notizia, perché nelle tue parole ho riconosciuto il vero Franco Califano (forse - se mi permetti – oggi reso anche un po' “rinco” dall'età), l'uomo e il personaggio che ha vissuto la sua vita controcorrente senza pentimenti e remore.
Le parole dure della mia lettera erano dovute alla delusione provata per un uomo e un artista che ho sempre ammirato. E' doveroso per me chiederti scusa, grande Califfo. Ascoltandoti mi sono reso conto che sei rimasto sempre il Franco Califano originale, nell'arte e nella vita.
Tutto il resto – come tu sai bene - è noia.

mercoledì 10 novembre 2010

Lettera aperta a Franco Califano

Caro Franco, ho appreso dalle cronache il tuo accorato appello per avere dallo Stato, per il tramite della legge Bacchelli, un aiuto finanziario, onde poter continuare a vivere decorosamente la tua vecchiaia. In effetti sei stato e – se mi permetti – sei ancora un poeta, che ha scritto e cantato cinquanta anni di musica, sei autore di testi portati al successo dai più grandi cantanti italiani e hai dato deliranti emozioni a milioni di fans, sei stato scrittore e attore nel cinema e nei fotoromanzi, giustamente oggi sei chiamato maestro e hai onorato l'Italia nel mondo. La notizia mi ha addolorato non poco, conoscendo i tuoi trascorsi ed essendo da sempre un tuo grande estimatore.
L'età, però, e indubbiamente anche la sofferenza per quanto gli è accaduto, non possono aver cambiato così quell'uomo che ha fatto sognare generazioni di giovani. Tu sei stato il nostro mito giovanile, quello che ognuno di noi, ogni giorno, nella vita, avrebbe voluto essere: il latin lover circondato sempre da favolose ragazze, macchine di lusso, alberghi cinque stelle, invidiato dagli uomini e adorato dalle donne. Hai dato tutto e tutto ti è stato dato. O forse no. Forse qualche torto lo hai ricevuto dallo Stato, che per due volte ti ha fatto frettolosamente conoscere le patrie galere, ma assolvendoti poi in giudizio.
Se fossi nato in Inghilterra, probabilmente oggi saresti baronetto. A Borbona ti hanno intestato una piazza. L'Università di New York ti ha insignito della laurea honoris causa in filosofia “per aver scritto una delle più belle pagine della canzone italiana”, sei stato definito il “cantante maledetto”, il “Prévert di Trastevere” e hai ricevuto tantissimi premi in omaggio alla tua arte. Tutto questo però non porta denaro sul tuo conto, che in ogni caso oggi avresti già speso. Non hai seguito la filosofia della formichina che forse solo una compagna di vita poteva aiutarti a trovare.
Forse sei stato sfortunato. Una volta hai detto che “l'amore non si cerca, capita”. E io, quel giorno in via Pasquale II, che ti portai una serie di campionari di partecipazioni di nozze che mi avevi chiesto, pensai che forse quell'amore, finalmente, era capitato. E invece no... per l'ennesima volta ti sei defilato. Oggi la solitudine, le spese folli, lo sperpero dei tanti soldi guadagnati, ti stanno presentando il conto e tu, invece di rispondere con il coraggio e la filosofia che ha contraddistinto la tua vita, ti arrendi come un qualunque cacasotto? Caro Franco, non ti riconosco più, ci hai traditi tutti!
Da quello che leggo la Siae ti riconosce ventimila euro l'anno per diritti di autore. E di cosa ti lamenti? Pensi di non farcela? Neanche immagini quanta gente, in Italia, vive o è costretta a vivere con molto meno! Tu almeno puoi dire che la tua vita, quella giovane, quella che conta, te la sei goduta. La maggior parte delle persone questa fortuna non l'ha avuta. E poi, posso dirti una cosa? A una certa età si è disposti a rinunciare agli optionals, basta vivere e avere la salute, quella che in questo momento ti manca ma che presto recupererai, e in ogni caso le spese sanitarie in Italia sono gratuite.
Non so, caro Franco, se ti assegneranno il vitalizio che chiedi o se trovi, probabilmente, dei mecenati disposti ad aiutarti. Te lo auguro perché ti voglio bene, anche se sono convinto che non è giusto. Se invece dovessero risponderti nisba, allora contattami, posso sempre consigliarti di trasferirti in Bulgaria, dove mi trovo e vivo decorosamente con la mia compagna, con una pensione di dodicimila euro l'anno. Qui, con i tuoi diritti Siae, puoi permetterti anche la badante, visto che non hai mai voluto una compagna di vita. Se poi non ti dovesse andar bene questa proposta e vuoi vivere a Roma, sei padronissimo di restare, ma per favore, non chiedere nulla, ne va della tua dignità e di cinquanta anni di “vita spericolata” vissuta controcorrente all'insegna dell'anticonformismo.


lunedì 8 novembre 2010