sabato 18 aprile 2009

Al contadino non far sapere...

Un vecchio detto nostrano dice: “al contadino non far sapere quanto e’ buono il cacio con le pere”. Ogni nazione si identifica e si riconosce nelle sue tradizioni, nella sua cultura, negli uomini che hanno fatto la sua storia, poeti, scrittori, economisti, eroi, rivoluzionari, statisti, musicisti, ecc. ecc. ecc. Nella cultura e nei costumi, valore particolare spetta alla tradizione culinaria. Vorrei raccontare quel che mi e’ successo alcuni giorni fa, che sicuramente interessera’ il mio amico Manuel, attento osservatore del costume e delle usanze dei nostri amici bulgari.
Ho sempre apprezzato e mi piace molto la cucina bulgara; tuttavia – e questo e’ forse un difetto di noi italiani – prima o poi veniamo trascinati dal desiderio di assaggiare o cucinare qualche piatto italiano particolare (non parlo della pasta, che e’ parte integrante di ogni italiano). Sono quasi due anni che cerco, invano, sia la coda di manzo o vitello che le cotiche di maiale, due ingredienti particolari della cucina romana: coda alla vaccinara e fagioli con le cotiche.
La settimana scorsa, parlando con l’amico Attila, che produce alimenti per cani e gatti, mi lamentavo del fatto che qui in Bulgaria non si trovino le code di manzo (telechko), e lui mi risponde che me le potra’ procurare quando andra’ al mattatoio dove ha molti amici. I bulgari le buttano o le usano lavorandole per gli animali. Cosi’ due giorni fa mi ha portato quattro belle code di manzo: una si cucina oggi e le altre tre le ho messe nel congelatore. Prepara il soffritto e il sugo Renata, la polaccaccia mia compagna nella vita, che ha imparato la cucina italiana meglio di tante altre italiane. Ma la sorpresa non e’ finita, perche’ andando al supermercato Billa per cercare il sedano per la coda, nel reparto carni trovo quattro sacchetti di plastica con dentro ossa e cotiche di maiale. E’ la prima volta che vedo in vendita le cotiche. Un po’ sospettoso, le guardo e riguardo bene e poi mi convinco che quelle sono veramente cotiche. Ottengo anche il beneplacito di Renata. Prendo un sacchetto piu’ piccolo con un osso solo, le altre sono tutte cotiche. Bisognera’ lavorarle un po’ perche’ c’e’ troppo grasso attaccato alla cotenna, ma per il resto penso siano eccezionali.
Mi viene da ridere pensando anche al costo. Le code non sono state pagate, perche’ Attila me le ha regalate. Forse, se le ha pagate, gli saranno costate due leva. I 3,200 kg. di cotiche, invece, sono costati 79 stotinki (40 centesimi di euro). E finalmente potro’ riassaggiare due piatti della cucina romana che fanno venire l’acquolina in bocca. Avevo anche invitato due amici bulgari che hanno vissuto in Italia, ma hanno declinato l’invito, perche’ a loro questa roba non piace. Mangero’ sottovoce. Mi spiace per loro perche’ non sanno quello che perdono, ma intimamente sono contento, perche’ penso al proverbio “Al contadino non far sapere...”. E se un domani dovesse piacere anche ai bulgari? il prezzo sicuramente non sarebbe questo...
Sicuramente si rifaranno domani. Per il calendario giuliano ricorre infatti – con una settimana di differenza con quella cattolica - la Pasqua ortodossa, anch'essa ricca di tradizioni e una bellissima liturgia. Avranno modo, quindi, di mangiare l’abbacchio o il capretto che cucinano in un modo completamente differente dal nostro, anche se non conoscono l’abbacchio a scottadito o le cotolette d’abbacchio all’italiana. Ma questo e’ un altro discorso...
A tutti i bulgari Честит Великден!!!

mercoledì 1 aprile 2009

Paese che vai clandestini che trovi

Quanto durera’ ancora questa carneficina? E’ di due giorni fa la notizia dell’ultima tragedia del mare, consumatasi al largo delle coste libiche. Centinaia di disperati in cerca di una vita migliore, ammassati peggio che bestie su barconi fatiscenti, sono annegati travolti dalle onde agitate che avrebbero dovuto portarli sulle coste di Lampedusa. E’ l’ultimo di una lunga serie di affondamenti di barche stracariche di disgraziati che vorrebbero dalla vita condizioni piu’ umane, rei soltanto di essere nati in Africa invece che in Europa. I morti arrivano a molte migliaia. Mi viene da pensare che lo stesso Dio che li ha fatti nascere, mosso – forse - da compassione o rimorso, voglia porre fine alla loro miserabile esistenza, accogliendoli anzitempo nei giardini celesti, per ripagarli subito delle estreme sofferenze vissute. E se questi giardini celesti non esistessero?
Questi poveri disgraziati partono in qualsiasi condizione, pur di fuggire da una non vita; il miraggio del benessere li spinge a rischiare la vita pur di raggiungere l'Europa e l'Italia in particolare, non sapendo che quel benessere e' diventato nel frattempo un malessere generalizzato. Centinaia sono stati trovati morti o agonizzanti dentro container o tir provenienti dall’est o dalla Turchia. La settimana scorsa ho assistito personalmente a uno di questi eventi. Percorrendo l’autostrada che, in Grecia, porta da Igoumenitsa a Ioanina, alla fine di una curva, improvvisamente ci siamo trovati davanti – io e l’amico che stava con me - tre ragazzi, di carnagione scura, che attraversavano di corsa la strada per portarsi sul lato opposto. Ho dovuto frenare bruscamente per non falciarli, inveendo contro questi maledetti zingari che trovi dappertutto. Poi, sul rettilineo, a circa duecento metri, vediamo due camion fermi sul bordo della strada, dal quale erano appena discesi una decina di altri ragazzi (sembravano tutti giovani), che cercavano di raggiungere, anche loro, il lato opposto; uno di questi, che evidentemente stava male, si appoggiava ad altri due compagni che faticosamente lo trascinavano.
In quel momento capimmo tutto. Erano clandestini portati chissa’ da dove (i camion mi sembra fossero turchi) e poi fatti scendere in tutta fretta. Evidentemente non erano stati controllati allo sbarco a Igoumenitsa (altrimenti ci vorrebbero ore per scendere dalla nave), e poi, approfittando dello scarso traffico e mancanza di polizia, si sono fermati per sbarazzarsi dell’ingombrante carico. Fino a sera sono stato male con lo stomaco, per la rabbia che avevo dentro. Non per quei poveri disgraziati, ma per quei farabutti che in quel viaggio avranno guadagnato almeno ventimila euro. Eravamo impotenti a fare qualcosa perche’ il cellulare non ci funzionava, polizia non se ne vedeva e anche se avessimo potuto telefonare non avremmo saputo come esprimerci per farci capire. Avrei tanto voluto che fossero arrestati quei bastardi camionisti che li avevano scaricati. Ok, finisce qui.
Ma se non si sgominano queste organizzazioni criminali che trasportano questi poveracci, sara’ difficile uscirne fuori. Vada per i camion che possono eludere piu’ facilmente la sorveglianza, ma i barconi, le navi o le mezze navi, dovranno partire da qualche porto. E con tutta quella gente a bordo nessuno se ne accorge o si pensa che vadano in gita turistica? Se non si combattono le connivenze, anche a livello istituzionale, nelle regioni di partenza, il problema sara’ sempre piu’ attuale, specialmente adesso con la stagione estiva.
E’ mai possibile che l’Europa, artefice principale di tutte le miserie africane, non voglia trovare una soluzione all’immane problema della sopravvivenza di questo continente? Credo, a mio modesto avviso, che la soluzione del problema sia nel creare sul posto, in Africa, le condizioni perche’ si arresti l’esodo di queste masse. E questo puo’ avvenire costruendo scuole e alfabetizzando le popolazioni, costruendo strade, incrementando l’agricoltura, costruendo ospedali e formando medici, insegnanti, operai qualificati, artigiani, ingegneri che rimangano nelle loro terre a sfruttare a loro volta le immense risorse umane e naturali di questo continente. L’Europa, quasi tutta, ha sfruttato e colonizzato per centinaia di anni questo immenso e ricco territorio, traendone enormi ricchezze e benefici. Dopo averlo spolpato fino all’osso lo ha abbandonato o e’ stata costretta ad abbandonarlo, lasciandolo a suicidarsi nelle lotte fratricide di faide tribali locali o di governi fantocci autoritari e antidemocratici.
L’Europa, oggi, e’ chiamata ad un gesto di solidarieta’ verso l’Africa. E’ una solidarieta’ non fine a se stessa, ma interessata. L’Europa ha tutto da guadagnare in questo progetto di sviluppo, con aiuti concreti e mirati, non concedendo crediti ai vari governi, che quasi sicuramente li spenderebbero in armi, ma inviando aziende, strutture, manager e personale qualificato a operare sul posto, usufruendo di manodopera locale e creando centri di formazione professionale per le popolazioni indigene. Questo e’ il primo passo per frenare l’esodo africano verso l’Europa. Restituiremo, a questo continente, la millesima parte di cio’ di cui e’ stato depredato, ed eviteremo che a breve non sia africanizzata l’Europa. E questo non per razzismo, ma soltanto perche’ ogni individuo di qualsiasi parte del globo, ama e resta attaccato alla terra in cui e’ nato, e se in quella terra ci puo’ vivere degnamente la preferisce a ogni altra.
Si potrebbero scrivere migliaia di pagine e fare centinaia di progetti, ma non sono un politico ne’ un economista, esprimo soltanto il pensiero semplice di qualsiasi uomo comune e di buon senso, ma le pastoie della politica e gli enormi interessi sotterranei rendono difficile, se non impossibile la realizzazione di questo progetto. Speriamo non sia troppo tardi.