Oggi hai superato anche Olimpia, hai spiccato il volo più alto, quello che ti ha promosso portiere titolare del Paradiso, tornando a quel cielo biancazzurro che hai avuto sempre nel cuore.
Al "Piccolo Grande Chef" con Morrone e Cacciatori che mi abbraccia |
Ricordi l'Italtypia Gamma in via Emilio Morosini a Roma? Era il 1956 e tu, già da un anno portiere della Lazio, venivi a trovare i tuoi amici milanesi Italo e Nino, nostri colleghi, che finivano il loro turno di lavoro e coi quali poi passavi la serata in qualche locale. Io ti guardavo dall'alto in basso, sia per l'altezza che per l'età e già da allora ho cominciato a condividere il mio tifo pallonaro tra il Palermo e la Lazio.
Passarono tanti anni e la comune amicizia con il gaucho Giancarlo Morrone, altro eterno laziale “dentro”, ci ha fatto incontrare di nuovo, questa volta non fuggevolmente come tanti anni prima. Oggi te ne vai con una promessa che non hai potuto mantenere. Sette mesi fa mi avevi detto che saresti venuto a trovarmi, anche perché ti sarebbe piaciuto rivedere Sofia. Pregustavo già il piacere di rivederti, chissà... forse insieme a Giancarlo (anche lui ha promesso che verrà) e al “professore” Enrico. Che bello sarebbe stato ritornare a quelle giornate e serate trascorse insieme, quelle specie di zingarate alla “Amici miei” nelle quali tu, il “decano” di tutti noi, facevi sempre la parte del leone per quello spirito, quell'ironia, quella “follia” tipica dei portieri che ti poneva sempre al centro della scena!
Uno dei tanti San Silvestro: io, Bob che mi abbraccia e il "professore" Enrico |
Compagno e amico di “zingarate”
Oggi, sentendo la notizia della tua morte, sono stato veramente male. Poi ho sentito il bisogno di scrivere queste righe e solo adesso, mentre scrivo, mi sto rasserenando, anzi sto sorridendo. Tu che mi guardi da lassù, hai già capito che sorrido al pensiero dei tanti momenti passati insieme, a scompisciarci dalle risate per qualcuno dei tuoi pezzi, e forse sorridi anche tu.
Ricordo la cena del giovedì nella quale offrivi tu. Eravamo tredici e non volevi assolutamente metterti a tavola, poi finalmente abbiamo scovato un signore che mangiava da solo e lo hai invitato alla nostra tavolata, offrendo la cena anche a lui. Di questo signore, che non avevamo mai visto prima, c'è rimasto impresso solo il nome che gli hai dato: Quattordicesimo. E i dopocena ristretti al piano bar del Cave Mirabelle? Che serate! Anzi... che mattinate!
E a Fregene tutti a tavola a mangiar pesce e bere Bianco Rapitalà. Solo tu con una bottiglia di vino rosso davanti. “Bob, ma sul pesce si beve il bianco...”. E tu, romano e laziale nel cuore, ma con il tuo accento lombardo di Cusano Milanino che non hai mai perso: “Ma fatti i cazzi tuoi... a te piace il bianco? Bevi il bianco... A me piace solo rosso... sono padrone di mangiare il pesce con il rosso? Vadavialcul...”. Adesso i sommeillers dicono che con alcuni tipi di pesce va benissimo anche il rosso... avevi ragione tu, anche perché ti piaceva... Però un modo per farti incazzare lo avevamo trovato, quando, facendo riferimento al tuo paese natale ti dicevamo: “Cusano Milanino, quattro case e un trenino”.
La nostra vita, purtroppo, è fatta anche di cose serie, di lavoro, di impegni, di responsabilità, e penso che ognuno di noi, nella propria sfera sociale, ha dato più del necessario. Io però, caro Bob, voglio ricordarti così, con il tuo carattere scherzoso, faceto, ironico, nei momenti belli o spensierati della vita, i momenti che ricordiamo più volentieri, perché quelli tristi piacerebbe scordarli.
A cena con Giancarlo, ma dopo tutte quelle bottiglie un abbraccio non basta più... |
Così non potrò mai dimenticare il pranzo a Castelluccio di Norcia sempre con Giancarlo Morrone, la Pirrottina e il Di Cintio e tu che, quando si avvicinano i camerieri, continui a chiamarmi Franco per via della mia somiglianza a Causio, fin quando si sparge la voce che al ristorante c'è Franco Causio. Abbiamo dovuto autografare un'infinità di cartoline di Castelluccio che ci portavano a firmare, fin quando ho cominciato a pregarti insistentemente di andarcene al più presto, perché se avessero scoperto che era tutto uno scherzo, ci avrebbero bastonati. A me di sicuro. E qualcuno aveva già qualche dubbio.
Mi sento fortunato di non essere a Roma e non poterti vedere un'ultima volta. Mi resterà nel cuore il ricordo di un amico vivo e sorridente che mi ha promesso di venire a trovarmi. Un abbraccio, Bob, dal tuo amico Causio.
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