domenica 3 marzo 2013

La tracotanza di credersi più giusti degli altri



Italia e Vaticano seguono lo stesso percorso: entrambi in sede vacante. La seconda, quella vaticana, resterà storica nei secoli a venire per la decisione di Benedetto XVI di rinunciare alla carica, poiché l’età e le forze non lo sostengono per reggere le difficili sorti di una Chiesa che, in molti dei suoi appartenenti, ha messo in secondo ordine il messaggio di Cristo per dedicarsi più alle cose terrene. Così che gli scandali sessuali, la finanza e il riciclaggio di denaro attraverso il santo Ior, gli oscuri misteri che avvolgono i documenti trafugati al Santo Padre, altri misteri trentennali dovuti alla sparizione di Emanuela Orlandi (*), cittadina vaticana, per la quale non sono mai state aperte indagini dalla magistratura vaticana, le vicende oscure che coinvolgono la Basilica di Sant’Apollinare, tutta l’opacità, insomma, che avvolge da anni una Chiesa che dovrebbe essere amore, trasparenza, apostolato e dedizione alle sofferenze dell’umanità, per una redenzione finale, hanno indotto il povero Papa Ratzinger a cedere il bastone del comando, sperando che il successore rinnovi dal profondo una Chiesa-Stato che sta guardando molto più alla terra che al cielo. E se il successore, illuminato dallo Spirito Santo, permettesse anche ai preti di potersi sposare, avrebbe in buona parte sconfitto la pedofilia, piaga odiosa in uno Stato laico, figuriamoci nella Chiesa di quel Cristo che predicava “Lasciate che i pargoli vengano a me”. La Bulgaria, dove oggi vivo, è una nazione di religione ortodossa, dove i preti sono anche mariti e padri, e noto con piacere che i problemi di carattere sessuale, che affliggono la Chiesa cattolica, qui non esistono.


Sede vacante anche in Italia. Ma la nostra è una lunghissima sede vacante, perché vacante di contenuti e di leggi che la nostra politica da anni non riesce a dare a una Nazione che non sta andando - ma è già - alla deriva e sta sprofondando.  Venti anni di bipolarismo anomalo hanno creato un vuoto di sostanza che l’ingresso in Europa e la crisi mondiale hanno drammaticamente messo a nudo. Il nostro bipolarismo, fatto di contrapposizione, non di programmi ma di ideologie, dopo più di sessanta anni, tra comunismo e fascismo (unici ormai nel mondo), ci ha portato alla stagnazione nell’economia, nelle infrastrutture, nella legislazione utile e operosa, nella ricerca, nell’ammodernamento, portandoci soltanto aumento di tasse e burocrazia, costo della vita, corruzione e concussione nell’amministrazione dello Stato e privata, enormi sprechi e privilegi alle caste e alle corporazioni, unitamente alla pesante ingerenza della magistratura nella politica.

Il bipolarismo del 23 febbraio è diventato dal 26, il giorno successivo alle elezioni, tripolarismo e mezzo, così che abbiamo un quadro di ingovernabilità insostenibile, reso ancora più preoccupante dalla  presunzione e supponenza di superiorità di ognuno nei riguardi degli altri. Preso atto che i partiti bipolari hanno lasciato per strada 11 milioni di voti che hanno aperto la strada a Grillo e messo in campo, a mezzo servizio inutile, anche Monti, bisognerebbe avere non solo a parole, ma con i fatti, l’umiltà e la dignità di capire che forse gli italiani hanno voluto punire questi partiti non per le idee che esprimono, ma per la totale inerzia nella conduzione della cosa pubblica.

La cosa ancor più grave è che prima erano in due, adesso sono tre e mezzo, ognuno arroccato nelle proprie posizioni a continuare a logorare l’economia e accrescere la disoccupazione. Sembra una pagina moderna de I Promessi Sposi. Il Presidente del Consiglio in pectore dott. Gargamella vuole conquistare e portare nella sua alcova quel Grillaccio che non vuol saperne di prendersi responsabilità di governo, mentre anche zio Silvio starnazza che questo matrimonio non s’ha da fare. L’uomo del loden non entra a far parte della scena perché è talmente misero il suo peso che con o senza la sua partecipazione la maggioranza non si raggiunge, però dobbiamo sempre ringraziarlo perché è riuscito in quello che non era successo mai: in un sol colpo ha fatto fuori Fini e messo all’angolo Casini, vecchi bacchettoni della politica che gli elettori hanno rinnegato, così come i giustizialisti a mezzo servizio tra politica e tribunali.

Bersani, leader della coalizione vincente, seguendo l’istinto della vecchia sinistra, propone a Grillo, il leader del movimento che vuole cambiare l’Italia, una coalizione per uscire dalle sabbie mobili che il voto ha creato. Grillo, stravotato e divenuto primo partito, risponde sempre e solo con i soliti vaffa. La rete, composta da cittadini di tutti i ceti, che sicuramente hanno meno interessi oscuri di Grillo, lo sta già contestando per l’atteggiamento odioso che ha verso Bersani, che a sua volta – non più tardi di un mese fa – lo definiva fascista. Così stanno le cose in questo 55% di parlamento. L’altro 25%, quello del Cavaliere, naturalmente, è offeso per essere stato ignorato oltre che odiato da questa sinistra, e quindi non sarà molto propenso a raccogliere la palla che Grillo ha buttato, ove Bersani avesse intenzione di rivolgersi a loro. Monti, ripetiamo, non conta per nessuno.

E allora? Politologi e media stanno costruendo virtualmente tutti i governi possibili: Pd-M5S, governo di scopo, governissimo Pd-Pdl, governo di minoranza… La palla, fortunatamente, per adesso sta in mano a Napolitano, che deciderà a chi farla giocare per primo. Il vecchio comunista, che peraltro ho già contestato anch’io in varie occasioni, alla fine sembra essere l’unica certezza, o l’ultima speranza, per quest’Italia che non ne può più di beghe politiche. L’ho contestato quando, fuori dalle leggi scritte nella Costituzione, ha iniziato a sostituirsi e delegarsi quelle responsabilità che i politici hanno rinnegato e per colpa dei quali stiamo nella cacca, ma me ne scuso pubblicamente, riconoscendo al tempo stesso che è rimasto l’unico a rappresentare degnamente l’Italia.

Grillo, la speranza dei giovani, di tanti imprenditori, di tanti lavoratori, di tanti disperati e disoccupati, dimostri di avere le palle, dando la fiducia al governo che dovesse chiedergliela e poi metta sul piatto tutte le rivendicazioni urgenti e fattibili del suo programma, per uscire dalla crisi che ci attanaglia, e dimostri alla sua gente e all’Italia che effettivamente c’è un modo nuovo di governare, un modo più giusto e onesto, un ritorno alla fiducia nello Stato e nella politica. Se non è in grado di prendersi queste responsabilità avrà illuso e deluso i suoi elettori e affossato ancor più l’Italia. E allora, se così fosse, un vaffa anche a lui e ai suoi progetti di distruzione.

Urgono uomini di buona volontà, anche avversari, che si siedano attorno a un tavolo e discutano concretamente per il bene dell’Italia e degli italiani, rinunciando ciascuno ai propri pregiudizi e ai propri sospetti.
Sappiamo tutti che la legislatura sarà breve, ma viviamo situazioni insostenibili e indifferibili, per le quali gli italiani abbisognano di soluzioni rapide e concrete. Alle prossime elezioni saranno premiati coloro che se ne sono fatti carico responsabilmente e abbiano, anche parzialmente, fatto qualcosa di buono per sessanta milioni di cittadini allo stremo. Se non dovesse succedere questo non resterà altro che scendere in piazza, e allora… muoia Sansone con tutti i Filistei.

(*) Vorrei  consigliare al fratello Pietro, che mi ha scritto una mail nella quale mi chiedeva come poter contattare Assen Marcevski, interprete all’Ambasciata bulgara a Roma ai tempi del rapimento di Emanuela, di tralasciare quella pista che penso sia inventata, e di approfondire la pista che porta a Sant’Apollinare e Don Vergari, e a una indagine, anche se tardiva, tra le mura vaticane. Ma troverà certamente solo muri di gomma.

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