martedì 26 febbraio 2013

Bersani, la paura della vittoria



Ho assistito in televisione alla conferenza stampa di Pierluigi Bersani a ventiquattro ore dalle elezioni che sanciscono la vittoria del centrosinistra, preposto istituzionalmente a governare l’Italia per il prossimo quinquennio. E’ arrivato sul palco un uomo sconfitto, un uomo impaurito di dover governare un parlamento ingovernabile nei numeri. Quando nei primi sedici minuti un segretario di partito che parla alla stampa si toglie e si rimette gli occhiali ventotto volte, non sapendo cosa farne,  è sintomo di grande nervosismo; se poi, per rispondere a una decina di domande, ha bisogno di mandar giù a sorsi due bicchieri d’acqua, probabilmente ha mangiato salatissimo o, quasi sicuramente, la paura gli ha seccato la bocca.
Non è il modo migliore per affrontare i media e discutere di problemi che l’Italia ha bisogno di risolvere e anche con molta fretta. Ho visto un uomo che non vedeva l’ora di chiudere la conferenza, rinunciando alla fine a rispondere all’ultima domanda che gli faceva una giornalista estera. Mi auguro che avesse fretta solo per problemi di stomaco, altrimenti sarei preoccupato per lui, ma più ancora per un’Italia che attende il Messia ormai da troppo tempo. A onor del vero il professor Monti, nell’esercizio provvisorio di Presidente del Consiglio, si era anche autoproclamato Salvatore della Patria, ma è stata più una battuta estemporanea di un canuto cattedratico che l’effettivo salvataggio di un’Italia che continua ad affondare.
Partendo dalla certezza che bisognerà tornare al voto al più presto, poiché siamo entrati in un vicolo cieco, mi auguro che l’uomo che ho visto oggi riceva lumi dallo Spirito Santo e sappia scegliere, tra grillo e giaguaro, chi dei due può aiutarlo meglio a farci uscire dal pantano e andare al tavolo europeo a rinegoziare la nostra dignità di popolo e di nazione cofondatrice di un’Europa che non sentiamo nostra.
La prima mossa del Bersani vendoliano sembra essere un’apertura a Grillo, naturalmente più che legittima, apertura fatta in politichese, poiché sarebbe un’onta gravissima alla sua dignità se fosse respinta. Il vecchio vizio di parlare per formule i nostri politici non lo perdono mai; ecco perché Grillo è diventato il primo partito italiano, lui dice chiaro le cose come stanno, grida quello che pensa e quello che vuole, ma questi continuano con le alchimie del dico ma non dico, apro ma richiudo, hai pensato ciò che non ho detto, una partita a poker tra sordi, insomma; e mentre loro proseguono a trattare alla orientale, Grillo continua a raccogliere consensi e l’Italia ad affondare.
La faccia che ho visto oggi non è quella di un leader che ha vinto le elezioni, ma di un soldato che torna da una guerra persa, e questo mi riporta alla mente la fragilità umana e alle dimissioni del Papa. Non tutti resistono al peso delle responsabilità. Bersani ha detto in conferenza che lui non lascia la nave e questo gli fa onore, ma anche Schettino comandava una nave, eppure l’ha abbandonata.
C’è qualcuno nel nostro Paese in grado di prendere per mano l’Italia e portarla fuori dal tunnel? Forse sarà la domanda che la signora Merkel farà a Napolitano in occasione della sua imminente visita in Germania.

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