martedì 22 maggio 2012

Trema anche la Bulgaria


Alle 3,05 del mattino sono svegliato di soprassalto da Kocia. Concitata e con voce stridula e tremante mi strilla: “Kocio, alzatiiii!! C’è il terremoto!... vestiti, usciaaamooooo…”. Mi ero addormentato leggendo l’interessantissimo libro di Assen Marcevski Segreti italo-bulgari, prestatomi dall’amica Kalina. Se dopo mezz’ora di sonno sei svegliato in questo modo, difficilmente riesci a capire cosa ti stia succedendo intorno… Non sapevo cosa fare, la guardo mezzo rincoglionito, poi finalmente inizio a calzare le scarpe accorgendomi subito dopo che sto in mutande… tolgo le scarpe, infilo i pantaloni, rimetto le scarpe senza allacciarle… “Kocio, andiamo… io vado giù…”.
Finalmente inizio a ragionare… se non è successo niente adesso, difficilmente crollerà qualcosa dopo… Prendo camicia, giacchetto e la fotocamera che avevo lasciato sul tavolo, sperando di non dover fare uno scoop… spengo televisore e luci e saluto la micia che mi guarda… tanto lei non uscirebbe mai da casa, chiudo la porta e finalmente sono anch’io in strada.
Ringrazio Iddio perché, alla mia età, non ho avuto finora occasione di vivere alcun terremoto attivamente. I vari eventi che si sono succeduti nella vita, mi hanno trovato a dormire o, in ogni caso – avendo sempre abitato piani bassi -  a non dover subire o provare quegli attimi di terrore e morte di cui tanta gente, purtroppo, è testimone o vittima.
Ne sanno qualcosa, in questi giorni in Italia, gli abitanti dell’Emilia-Romagna, che da una settimana si trovano attendati in strutture della Protezione Civile, pagando anche un contributo in vite umane alla vendicatrice Dea Terra, torturata e annichilita dall’uomo. Fortunatamente, sembra che il Presidente del Consiglio Mario Monti, non si sia recato sul posto per dar loro il colpo di grazia, ma per confermare che per adesso non pagheranno l’Imu su una casa o azienda che non hanno più, in seguito si vedrà… In Bulgaria, per fortuna, ci sono stati solo danni materiali limitati senza vittime.
La paura di Kocia è condivisa soltanto da altre due famiglie, perché in strada ci troviamo in sette, tutti gli altri o non hanno sentito o sono più coraggiosi. Anche mio padre tanti anni fa, in analoga occasione, mentre eravamo tutti in istrada, restò testardamente a casa, dicendo che se doveva morire voleva almeno morire in casa. Alcuni giovanotti rientrano rumorosi dalla festa che si è appena conclusa a Pazardjik, in occasione della ricorrenza dei santi Costantino e Elena, patroni della città. Loro probabilmente neanche si sono accorti del terremoto. Dal balcone qualcuno parla con il nostro vicino di casa che sta in strada, poi Kocia, avendo sentito il dialogo, scoppia in una fragorosa risata. “Scendi giù, hai sentito che scossa?”, e quell’altro, pacifico: “Se hai una birra scendo, altrimenti da casa non mi muovo”.
Telefono a Fabio a Sofia. Sveglio e scosso (dentro e fuori) anche lui e Kalina. All’ottavo piano il dondolio ti fa credere ubriaco. Mi dà notizie di Adalberto e Milena  a Plovdiv. Stanno parlando su Skype. Anche loro scossi ed eccitati. “Ma voi state a casa?”. “E dove vado? Se scendo in strada e dovesse crollare tutto, rimango sotto le macerie, forse a casa ci salviamo”. Dopo mezz’ora, un po’ rassicurati, rientriamo e andiamo a dormire. Sono già le quattro del mattino.
Per la cronaca, quando noi a Pazardjik andavamo a dormire, Fabio a Sofia – per le ripetute insistenze di Kalina – si preparava a passare la prima alba fuori. Altre scosse di assestamento lo avevano convinto che l’aria fresca di un prato sarebbe stata più salutare. Ma alle otto del mattino rientro in casa e… inesorabilmente a letto! Oggi non si lavora, troppo stressati…
Se queste mie parole dovessero sembrare dissacranti o provocatorie, in eventi così tragici, per l’ironia che talora trapela tra le righe, chiarisco che vogliono, invece, essere un invito a sanare le ferite al più presto, per guardare con speranza e ottimismo al futuro.


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