mercoledì 10 novembre 2010

Lettera aperta a Franco Califano

Caro Franco, ho appreso dalle cronache il tuo accorato appello per avere dallo Stato, per il tramite della legge Bacchelli, un aiuto finanziario, onde poter continuare a vivere decorosamente la tua vecchiaia. In effetti sei stato e – se mi permetti – sei ancora un poeta, che ha scritto e cantato cinquanta anni di musica, sei autore di testi portati al successo dai più grandi cantanti italiani e hai dato deliranti emozioni a milioni di fans, sei stato scrittore e attore nel cinema e nei fotoromanzi, giustamente oggi sei chiamato maestro e hai onorato l'Italia nel mondo. La notizia mi ha addolorato non poco, conoscendo i tuoi trascorsi ed essendo da sempre un tuo grande estimatore.
L'età, però, e indubbiamente anche la sofferenza per quanto gli è accaduto, non possono aver cambiato così quell'uomo che ha fatto sognare generazioni di giovani. Tu sei stato il nostro mito giovanile, quello che ognuno di noi, ogni giorno, nella vita, avrebbe voluto essere: il latin lover circondato sempre da favolose ragazze, macchine di lusso, alberghi cinque stelle, invidiato dagli uomini e adorato dalle donne. Hai dato tutto e tutto ti è stato dato. O forse no. Forse qualche torto lo hai ricevuto dallo Stato, che per due volte ti ha fatto frettolosamente conoscere le patrie galere, ma assolvendoti poi in giudizio.
Se fossi nato in Inghilterra, probabilmente oggi saresti baronetto. A Borbona ti hanno intestato una piazza. L'Università di New York ti ha insignito della laurea honoris causa in filosofia “per aver scritto una delle più belle pagine della canzone italiana”, sei stato definito il “cantante maledetto”, il “Prévert di Trastevere” e hai ricevuto tantissimi premi in omaggio alla tua arte. Tutto questo però non porta denaro sul tuo conto, che in ogni caso oggi avresti già speso. Non hai seguito la filosofia della formichina che forse solo una compagna di vita poteva aiutarti a trovare.
Forse sei stato sfortunato. Una volta hai detto che “l'amore non si cerca, capita”. E io, quel giorno in via Pasquale II, che ti portai una serie di campionari di partecipazioni di nozze che mi avevi chiesto, pensai che forse quell'amore, finalmente, era capitato. E invece no... per l'ennesima volta ti sei defilato. Oggi la solitudine, le spese folli, lo sperpero dei tanti soldi guadagnati, ti stanno presentando il conto e tu, invece di rispondere con il coraggio e la filosofia che ha contraddistinto la tua vita, ti arrendi come un qualunque cacasotto? Caro Franco, non ti riconosco più, ci hai traditi tutti!
Da quello che leggo la Siae ti riconosce ventimila euro l'anno per diritti di autore. E di cosa ti lamenti? Pensi di non farcela? Neanche immagini quanta gente, in Italia, vive o è costretta a vivere con molto meno! Tu almeno puoi dire che la tua vita, quella giovane, quella che conta, te la sei goduta. La maggior parte delle persone questa fortuna non l'ha avuta. E poi, posso dirti una cosa? A una certa età si è disposti a rinunciare agli optionals, basta vivere e avere la salute, quella che in questo momento ti manca ma che presto recupererai, e in ogni caso le spese sanitarie in Italia sono gratuite.
Non so, caro Franco, se ti assegneranno il vitalizio che chiedi o se trovi, probabilmente, dei mecenati disposti ad aiutarti. Te lo auguro perché ti voglio bene, anche se sono convinto che non è giusto. Se invece dovessero risponderti nisba, allora contattami, posso sempre consigliarti di trasferirti in Bulgaria, dove mi trovo e vivo decorosamente con la mia compagna, con una pensione di dodicimila euro l'anno. Qui, con i tuoi diritti Siae, puoi permetterti anche la badante, visto che non hai mai voluto una compagna di vita. Se poi non ti dovesse andar bene questa proposta e vuoi vivere a Roma, sei padronissimo di restare, ma per favore, non chiedere nulla, ne va della tua dignità e di cinquanta anni di “vita spericolata” vissuta controcorrente all'insegna dell'anticonformismo.



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