giovedì 21 ottobre 2010

Quella lunga giornata a Pazardjik - 2

Giovedì 7 ottobre, ore 6,15
Arriva Maria con l'infermiera per misurare la temperatura. Tutto a posto. Giro lo sguardo nella stanza. Camicia, giubbotto e golf appesi alla spalliera di una sedia mentre i pantaloni li ho appoggiati sul comodino accanto. Fortunatamente sono il padrone della stanza. Darina è stata brava a imbucarmi in una stanza libera. Infermiere e ausiliarie sono molto gentili. Sul comodino la bottiglia di minerale ancora integra, bicchiere, telefonino e sigarette (per fumare bisogna uscire nell'androne). Croissants per eventuale fame (ma non posso mangiare), asciugamani e carta igienica, posate e tovaglioli portati da casa, che non avrò occasione di usare.


INUTILE OGNI COMMENTO
Alle sette sento finalmente il bisogno di scaricare le eccedenze, la tensione accumulata aveva bloccato ogni stimolo. Entro in quello che dovrebbe essere il bagno per i pazienti. Antibagno con una fila continua di lavandini cui sono attaccati un'infinità di altri tubi, un angolo fa da deposito ai secchi per le pulizie, di fronte due cessi con due porte che non si chiudono, nel primo a destra non funziona lo scarico che è sigillato, in quello a sinistra si entra al buio perché manca la lampadina. Mi affido, sempre più in cuor mio, alla bravura dei medici e alla gentilezza delle infermiere, anche perché non potrei più scappare. Qui tutto quello che circonda il paziente è difficile possa essere da supporto alla sua guarigione.
In Italia siamo arrivati ai diritti del malato, in Bulgaria basterebbe solo il diritto alla dignità della persona. E' difficile dover accettare e digerire condizioni igieniche da quarto mondo. Tanto di cappello alla dignitosa povertà, ma sullo schifo igienico negli ospedali non si può passar sopra, ne va della salute del paziente, che l'ospedale ha il dovere di preservare, e della stessa dignità degli operatori sanitari che vi operano. Sto parlando di questo ospedale e di tanti altri nelle stesse condizioni, ma vi sono anche realtà diverse in quelli nuovi o privati. Né penso che l'Italia sia ancora del tutto esente da queste vergogne.
Entra un'ausiliaria che cerca, con scopa e straccio, di rendere decente un misero pavimento coperto dal linoleum. Adesso è spiovuto e dalla finestra mi arriva il cinguettio di qualche passerotto. Mi sono buttato sul notes per occupare il cervello e dimenticare le latrine. Guardo l'orologio: 7,45, alle nove dovrei entrare in sala operatoria, ma niente intorno a me fa supporre il prossimo evento. Smetto di scrivere e aspetto mentre in lontananza sento il vociante chiacchiericcio di due infermiere.
Passano Maria e un'infermiera che sa qualche parola d'italiano. Hanno finito il turno e vengono a salutarmi e farmi gli auguri. Esco a fumare una sigaretta. Rifletto che probabilmente sono il primo italiano scemo ad operarsi in questo ospedale, o il più incosciente. Una vecchietta obesa con una busta in mano, con passo malfermo si avvicina all'ingresso, probabilmente viene a trovare il marito ricoverato. Butto la sigaretta e rientro nella mia stanza.
Mentre passeggio nervosamente arrivano Renata e Sevda e poi anche Darina che ci consiglia di mettere al sicuro orologio, portafoglio, cellulare, ecc. C'è la possibilità che possa entrare qualche zingaro/a a far man bassa. Vorrei ricominciare a scrivere, ma entra una bella signora che non conosco, è l'anestesista... Devo andar via, a dopo, spero...

(queste annotazioni riprendono dopo alcuni giorni)
La sala operatoria è un enorme stanzone separato da tre pannelli divisori a giorno ad indicare ogni singola postazione. Mi fanno spogliare e nudo dalla cintola in giù mi fanno sedere sul letto operatorio, l'anestesista mi pratica una iniezione alla schiena e poi mi stendono a gambe ginecologicamente divaricate. Attorno a me sei infermiere che trafficano sorridendo. In qualsiasi altra occasione mi sentirei ridicolo, ma sono talmente teso e nervoso da non ricordare neanche la posizione in cui mi trovo. Dopo dieci minuti non sento più le gambe. Nella sala è un andirivieni continuo, sembra la hall di un albergo, e io dovrei essere il protagonista principale dell'opera; un'infermiera mi domanda in un italiano stentato se sento dolore... no, non sento niente, si accende un monitor a colori e assisto all'intervento che il dottor Velev sta iniziando.
Mi sembra di assistere a un film, seguo dei meandri sconosciuti, un filo con una specie di anello in punta taglia o brucia quelle che per me appaiono come alghe bianche appese alle pareti; il tutto si protrae per un tempo, per me, interminabile, poi inizio a sentire qualche dolore perché l'intervento è più lungo del previsto. Evidentemente passano all'anestesia totale, perché, dopo essermi lamentato del dolore, passo quasi subito tra le braccia di Morfeo...

CON IL Dr. DIMITAR VELEV
Mi sveglio, agitatissimo, nel letto della mia camera, farfugliando parole sconnesse e imprecando per il dolore. Una squadra di calcio dev'essersi allenata con le mie palle. Mi somministrano degli antidolorifici e dopo un'oretta entro in un dormiveglia meno agitato. A parte fastidi e dolori connessi all'operazione sembra che tutto sia andato bene. La notte è stata lunghissima ma il mattino successivo il dottor Velev mi trova in buone condizioni. Alla mia domanda quando pensa di dimettermi mi risponde che posso uscire anche subito, ma portandomi dietro il catetere. Aiiòòò!!! Mi mandano a fare una radiografia con il tubo di drenaggio e dopo due ore sto già a casa. Per inciso il costo totale del mio ricovero è stato di 96 leva che dovrebbe essere la spesa per il tubo di drenaggio.
Non so come né quando finirà questa storia, perché il danno è serio e vecchio, ma voglio e devo ringraziare pubblicamente Dimitar Velev, il giovane medico che mi ha operato, e tutto lo staff della sala operatoria, perché – pur nella ristrettezza di mezzi e scadimento ambientale – sono stati validi professionalmente e meravigliosi nell'accoglienza.
Il seguito è storia che interessa solo me. Probabilmente a Plovdiv, dove è stata mandata in esame la mia biopsia, calendarizzeranno i controlli ai quali dovrò sottopormi periodicamente, forse cambierà anche il mio modo di vivere, ma questo fa parte della dinamicità della vita. E così è arrivata la prima volta anche per me.
Restando sempre in tema di sanità bulgara, molto probabilmente (ma dovrò accertarlo prossimamente) molti medicinali, che in Bulgaria sono a pagamento, mi saranno riconosciuti gratuitamente, mentre penso di risolvere presto anche un altro problema che riguarda i cittadini italiani residenti in Bulgaria. Infatti, indubbiamente per mia ignoranza, per ottenere l'assistenza sanitaria nazionale bulgara, ogni mese ho versato per quattro anni una somma che è variata nel tempo dalle 6,60 ai 16,80 leva. Bisogna, invece, richiedere alla vecchia Asl di appartenenza o all'Inps per i pensionati, il formulario del mod. S073 che sostituisce il mod. E121, e presentarlo al servizio sanitario bulgaro. Questo documento dovrebbe dare diritto all'assistenza sanitaria senza dover pagare alcunché. Nel momento in cui queste notizie diventeranno realtà ne darò notizia in appendice al blog.
(Per inciso, per i pensionati, mi sento di dover fare un appunto all'Inps e alla farraginosità della nostra burocrazia e dei nostri diritti. L'Inps e la Asl di appartenenza, che sanno che siamo residenti all'estero, perché non procedono automaticamente inviandoci il documento di cui si parla? Forse quel mostro chiamato burocrazia, vuole movimentare un po' questa nostra vita troppo sedentaria...).

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2 commenti:

  1. Che se deve fà pe campà!!!!! Caro Toto, il coraggio non ti manca certo, io sarei forse scappato da quella struttura ( ne ho viste alcune in africa che sono piu decenti) ma concordo con te sulla professionalità dei medici bulgari che fanno del loro meglio. Per quanto riguarda il mod. E121 sapevo dell'esistenza ma richiedendo quel documento perdi definitivamente l'assistenza sanitaria in Italia, ammesso che tu ancora la hai, quindi se facciamo gli scongiuri del caso ma se dovessimo avere necessità di interventi piu seri beh! certo preferirei andare in Italia. Comunque tutto è bene quel che finisce bene. Tanti auguri e speriamo di vederci presto.

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  2. Caro Anto'.Se Dio vede tutto,-deve autare a te e Renata superare tutto sto dolore e sofferenza,perché sei una persona bravissima,un amico sincero e tutti noi ti vogliamo bene e stiamo vicino a voi.Sei un uomo forte e corraggioso.Non mollare!(Scusa per mio italiano..)Un abbraccio da me e Adolfo.
    Lidija.

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