domenica 7 marzo 2010

La fortuna di chiamarsi Giacomo

Perch’i’ no spero di tornar giammai,

ballatetta, in Toscana,
va’ tu, leggera e piana,
dritt’ a la donna mia,
che per sua cortesia
ti farà molto onore. [. . .]

Sono i primi cinque versi della celebre ballata di Guido Cavalcanti, che, mandato in esilio per ragioni politiche e di ordine pubblico, si reca in Sarzana. Lì prende la malaria, e disperando di poter un giorno ritornare nella sua Firenze, si affida alla vena poetica per riversarvi tutta l’angoscia della sua anima. Ritornerà in Firenze dopo alcuni mesi, perché la condanna gli era stata revocata per le sue pessime condizioni di salute. Infatti dopo qualche giorno muore. Questo succedeva nel 1300.

Apprendiamo in questi giorni, anno 2010, che Giacomo Cavalcanti, boss della malavita napoletana, condannato in primo grado a 24 anni per l’omicidio di un altro malavitoso, Alvino Frizziero, avvenuto nel 1984, è stato scarcerato dopo 10 mesi dal Tribunale del Riesame. Il giudice ha ritenuto che per la sua sensibilità artistica non può più essere ritenuto elemento pericoloso. Giacomo Cavalcanti, infatti, da quando è stato arrestato, ha cominciato a scrivere poesie e favole per i bambini, che evidentemente hanno intenerito il cuore del giudice.
Siamo felici che le carceri italiane siano in grado di riabilitare, in tal poco tempo, criminali così incalliti. Anzi, per evitare inutili spese per la costruzione di nuovi istituti di pena, consiglierei il ministro della giustizia Angelino Alfano, di proporre dei corsi rapidi di sensibilità poetica e novellistica per tutti i carcerati. In questo modo potremo svuotare entro l’anno le carceri sovraffollate e ritornare a essere “un popolo di poeti”, ecc. ecc.

E’ solo questione di fortuna e di nome. Se Guido Cavalcanti si fosse chiamato Giacomo, fosse vissuto nel 2010 e si fosse fatto giustizia a colpi di pistola, per il solo fatto di essere un poeta, il nostro giudice del riesame lo avrebbe proposto per la medaglia al merito.

Mi dispiace per te, caro Guido. E’ finito il medioevo: oggi 2010, siamo la culla della civiltà e del diritto, diritto di uccidere e farla franca perché poeti, diritto di interpretare le leggi a uso e consumo insindacabile di un giudice dall’animo nobile e sensibile, a cui piacciono le novelle per i bambini, diritto di prendere in giro i cittadini onesti e le vittime di questi criminali. E la prossima volta, mi raccomando, chiamati Giacomo!

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3 commenti:

  1. C'e' un'umanita'del dolore e del perdono...dell'intimo pentimento frutto di un duro travaglio interiore.Il male e il bene sono insiti in tutti gli uomini.Perche' dobbiamo fare emergere in noi tutto cio' che ha origine dal male. Il valore di un uomo dovrebbe essere misurato in base a quanto dà e non in base a quanto è in grado di ricevere.(non l'ho scritto io ma A.Einstein)Ricostruire nei propri valori un solo uomo e' un risultato incredibilmente positivo.Credo di avere avuto sempre questa opinione da quando mi ricordo di aver espresso un concetto,credo nell'uomo e nella sua intelligenza.

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  2. Di questa umanità che tu descrivi ne sono profondamente partecipe in prima persona. Personalmente ho fatto innumerevoli errori nella vita, com'è nella natura umana, e proprio per questo ne sto, purtroppo, pagando le conseguenze, consapevole che - a prescindere dal perdono - si debba, in ogni caso, estinguere il debito contratto con la società. Tutto il resto è pura retorica.

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  3. Ciao Anto!!! Hehehehe, dobbiamo dare un suggerimento a Claudio, cosi forse anche a lui fanno uscire dalla galera!!!

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