mercoledì 31 gennaio 2024

Le mie perplessità sull'insegnante ILARIA SALIS



Le pagine dei giornali italiani sono piene, in questi giorni, per le immagini trasmesse dall’Ungheria di Ilaria Salis, portata incatenata mani e piedi, davanti a un tribunale che dovrà giudicarla. I giornali dicono, ma io non posso crederci, che rischia 11 o 24 anni di carcere, arrestata per aver aggredito, insieme ad altri, due estremisti neofascisti.

Sono solidale ed esprimo tutto il mio ribrezzo e sconcerto per le condizioni abiette nelle quali - in un Paese europeo, civile e democratico – si possano detenere cittadini e cittadine che si presentano davanti ai giudici, a prescindere se siano colpevoli o innocenti. Se poi si considera il tempo – quasi un anno – di detenzione preventiva, allora divento furioso e dico che le nostre carceri e il nostro sistema giudiziario non sono proprio ultimi. Sono vicino al padre per il dolore che prova e che esprime nel vedere una figlia - brava, bella, ottimi voti negli studi, antifascista, attivista nei centri sociali (così leggo nei giornali), maestra elementare – ridotta in quelle condizioni, e bene sta facendo l’ambasciata, il ministro Tajani e il presidente Meloni a interessarsi della vicenda, che sta scandalizzando l’opinione pubblica italiana, trovando anche larga eco in parlamento soprattutto dagli scranni della sinistra.

Dopo aver detto a chiare lettere che questa ragazza, per nessun motivo al mondo possa essere trattata in modo così animalesco, vorrei fare però anche alcune osservazioni che ogni cittadino pensante o benpensante immancabilmente si pone.

La prima è che vedendo una delle tante foto riprodotte, noto nella ragazza un sorriso smagliante e vincente. Il padre dice che ha perso almeno 10 chili ma dall’aspetto non si vede affatto e se li avesse persi, forse prima era obesa e fisicamente sta molto meglio adesso. Credo che il padre, come tutti i padri, sia disperato per il macigno cadutogli tra capo e collo, ma nella foto della ragazza vediamo una serenità paradisiaca, dovuta forse alla notorietà piovutale addosso all’improvviso, come avesse fatto un 6 al superenalotto.

La seconda osservazione riguarda l’attività e i pericoli che si corrono per ogni attività. La ragazza (leggo sempre dai resoconti dei giornali) la descrivono antifascista ed attivista nei centri sociali, interessata a combattere il degrado e il disagio sociale. Tutto questo le fa onore, perché ogni cittadino è libero di seguire il proprio credo e praticarlo. Ma con tutti i disagiati e fascisti che – a detta della sinistra italiana – vivono in Italia, per quale cacchio di motivo deve andare a rompere le noccioline in Ungheria? Un vecchio proverbio dice che chi cerca trova. A Roma si dice: “Te la sei cercata”.

La terza osservazione riguarda la sua professione. Sempre i giornali parlano di questa insegnante di Monza o di questa maestra elementare, ma nessuno dice in quale scuola abbia insegnato. Personalmente credo che non abbia mai insegnato, perché una vera insegnante o una maestra è difficile vederla partire dall’Italia con un manganello retrattile nella borsa per andare a contromanifestare il pensiero di altri disperati in Ungheria. Né mi auguro che un giorno possa insegnare in una scuola italiana di qualsiasi livello, perché questa ragazza non può insegnare niente di positivo ai suoi alunni, se non come si fa a rompere la schiena agli avversari.

Naturalmente mi auguro anche che sia innocente, che non abbia mai usato il manganello e che venga presto liberata e che questo viaggio le possa servire da lezione nella vita. Chi cerca il lupo prima o poi lo trova, con il rischio di venir mangiato.

L’aspetto positivo in questa triste vicenda, comunque, c'è e le verrà riconosciuto appena tornata in Italia, quando il tam tam mediatico e la sinistra la osanneranno come la nuova martire paladina antifascista da mostrare al proprio popolo. La professione dell’insegnante sarà abbandonata per essere controbilanciata più lautamente nelle loro file. 

Auguri Ilaria, il futuro ti sorride.


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