lunedì 20 febbraio 2017

SI SONO DIVISE TRA LORO LE MIE VESTI


Il lamento di una Nazione morente

“Si son divise tra loro le mie vesti e sulla mia tunica han gettato la sorte. E i soldati fecero proprio così” (Giovanni 19, 17-24).

Sono le parole che, nel Vangelo di Giovanni, Gesù Cristo pronuncia dalla croce. Non vorrei apparire blasfemo, ma penso che queste siano l'esempio più calzante per descrivere quello che accade oggi in Italia. Cambia la vittima, che non è più Gesù Cristo ma il popolo italiano, ma non cambiano i carnefici, gli aguzzini, i dominatori, i conquistatori che sono i discendenti dei soldati romani, perché proprio da Roma e dai suoi palazzi continuano a partire gli strali per abbattere un popolo portato per natura alla sopportazione e alla pazienza.

I più deboli, non sopportando la perdita della loro dignità, hanno preferito affidarsi a una corda o a una pallottola, altri chinano testa e orgoglio e continuano a sopportare, altri ancora volgono lo sguardo oltre i confini per cercare quella fortuna o meglio ancora serenità e decoro cui in patria non hanno diritto.

Siamo i detentori dei peggiori record: il parlamento più numeroso al mondo, il debito pubblico più alto che aumenta giornalmente, la disoccupazione giovanile altissima, la corruzione come sistema, gli stipendi dei politici più alti al mondo, la burocrazia più asfissiante, una tassazione diretta e indiretta insopportabile, le pensioni bassissime e quelle altissime che possono esistere solo in Italia, i servizi sociali più scadenti o inesistenti, le scuole cadenti, la classe politica più inetta, e mi fermo qui. A fronte di queste sciagure siamo il popolo più fantasioso e laborioso, abbiamo eccellenze nella scienza, nella moda, nella gastronomia, nell'enologia, nell'industria, nella protezione civile, abbiamo, in poche parole, quel made in Italy che tutto il mondo ci invidia e copia, ma che mai riuscirà a emergere perché trova ostacoli insuperabili sul suo cammino, ostacoli prodotti da chi è preposto a incrementarne lo sviluppo.

Per risolvere questi immani problemi, causati da decenni e decenni di malgoverno, cosa stanno facendo coloro che si autodefiniscono nostri rappresentanti? Parlano, parlano, parlano, manovrano dentro i loro partiti o movimenti, si scindono, si riaccoppiano, continuano a fondare altri partiti, creano fondazioni, aiutano banche in fallimento perché mal governate da manager licenziati con indennità milionarie. Tutti, a sinistra al centro e a destra, senza escludere i pentastellati multicolori.

Migliaia di imprese chiudono o scappano, migliaia di giovani emigrano per cercare lavoro (la cosa più buffa è che riescono a trovarlo anche in Bulgaria, considerata la nazione più povera dell'Unione), migliaia di pensionati disperati cercano una spiaggia amica dove approdare, purché fuori dall'Italia, e questi nostri cosiddetti rappresentanti cosa fanno? Pensano a come dividersi e moltiplicarsi, per continuare a scarnificare quelle poche cose buone ancora in vita. Il pensiero è rivolto solo a legge e campagna elettorale, congressi, gazebo e riforme mal riformate, mentre i terremotati aspettano ancora un rifugio o un aiuto per il bestiame perso.

In cambio, come dicevo, queste imprese che delocalizzano, questi giovani che cercano lavoro fuori dall'Italia, i pensionati che vanno a sopravvivere lontani dalla patria e dagli affetti più cari, sono visti come fumo negli occhi e considerati i vigliacchi che hanno preferito scappare, anche da chi dovrebbe domandarsi, come ministro del lavoro, perché se ne vanno e trovare una soluzione al problema.

Restando sempre a Roma, quella antica e mitica che aveva conquistato tutto, vorrei ricordare Cicerone che, rivolgendosi a Catilina, il cattivo di turno dell'epoca, così lo apostrofava in Senato: “Quousque tandem, Catilina, abutere patientia nostra?”, che tradotto oggi, non in Senato ma nelle piazze, suonerebbe così: “Fino a quando, senatori deputati e politici tutti onesti corrotti e inetti, abuserete della nostra pazienza?”. Noi siamo pazienti quanto Giobbe, ma anche lui infine perse la pazienza… e allora sarà pianto e stridore di denti.

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2 commenti:

  1. Carissimo signor Antonio, quanto amore per questa Italia martoriata trasudano dalle tue parole! Vorrei aggiungere che oggi, coloro che hanno venduto i propri fratelli per onorare il Vitello d'oro, nutrono i loro ventri voraci a due banchetti, quello del governo italiano e l'altro del governo europeo. Siamo schiavi due volte. Questo vorace appetito ci sta votando inesorabilmente alla distruzione dell'Italia, alla nostra distruzione come popolo. Cordiali saluti a te signor Antonio e a tutti i lettori di questo bellissimo blog.

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  2. Caro Antonio, come sempre, leggo in Te quel guerriero che non si abbandona all'oblio della Pace. Una Pace corrotta dalle malversazioni , da sottoculture miopi, ma una cosa vorrei ribadire!. Le Persone che non stanno a queste angherie, che non vogliono subirne il tracollo, che nel cambiare direzione di scelta , portano con se' le anime culturali piu alte , per rinfonderle presso altri lidi non sono le piu deboli, bensi le piu forti, le piu coraggiose, perche , come ben Sai, il riinizio e' arduo e pieno d'insidie per quel che non conosci.. Coraggio e determinazione sono le qualita di guerrieri senza spada che fanno del Valore il Loro scudo. Un abbraccio freterno , caro centurione :)

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