domenica 8 novembre 2009

... era mio fratello

Della nostra infanzia rammento molto poco, rimangono solo ricordi confusi, forse perche’ un’infanzia vera e propria non l’abbiamo mai avuta; la maggior parte di questi riguarda episodi legati al nostro rapporto con nonno Salvatore, che, seppure molto anziano, conservava lo spirito e la vitalita’ che lo aveva sempre contraddistinto; tu, probabilmente, ne hai avuto qualche maggiore sprazzo. Il solo ricordo che mi rimane nitido e’ quello di averti coinvolto e reso complice nel recupero di una piccola somma che avevo sottratto dalla cassa del piccolo negozio di mamma e nascosto; ti indicavo, nella lettera, il posto dove stavano i soldi pregandoti di spedirmeli in collegio. Naturalmente, allora, non ci sfiorava il sospetto che la lettera potesse essere letta dai nostri genitori, per cui i soldi tornarono a loro.
Il collegio era stato per me l’unico modo per poter frequentare la scuola media, non c’erano infatti altre possibilita’ piu’ economiche. Toto’ Messina aveva insistito molto con papa’ e mamma, soprattutto con papa’, per convincerli a farmi studiare perche’ ero considerato molto intelligente per quell’eta’ e avevo finito le elementari con un anno di anticipo. Cosi’, mentre io a dieci anni entravo in collegio trascorrendovi cinque anni, anche tu crescevi facendo gia’ allora grossi sacrifici perche’ per andare alle medie dovevi recarti ogni giorno a Ribera.
Venne poi il giorno in cui fu palese la mia non-vocazione a farmi prete e cosi’ il 6 giugno 1956, alla vigilia degli esami di quinto ginnasio, mi lasciarono con il baule di dotazione a piazza Manfredo Fanti all’Acquario, in attesa della corriera che sarebbe partita per Nettuno, dove abitavano i parenti piu’ prossimi, i fratelli di papa’. Non avevo ancora quindici anni e mi ritrovavo nuovamente solo, in un mondo che fino ad allora mi era stato quasi estraneo. I nostri “bravi” paolini oggi avrebbero ricevuto una denuncia per abbandono di minorenni, ma allora non esistevano ancora ali protettive in difesa dei minori. E nonostante tutto saro’ sempre grato a loro perche’ mi hanno inculcato sani principi morali e un’istruzione scolastica che adesso sarebbe difficile trovare in ragazzi di pari eta’. Anche oggi resto dell’avviso di fare quel che dicono ma non quel che fanno.
A quasi quindici anni non e’ facile dover decidere, da solo, del proprio futuro. Perche’, pur se circondato dall’affetto degli zii, in effetti mi sentivo come perso nel deserto. Abbandonata l’idea di continuare gli studi (anche e soprattutto per contingenti difficolta’ economiche), dopo due giorni mi avventurai per Roma alla ricerca di un posto di lavoro. In collegio, oltre a farmi studiare, mi avevano anche insegnato un mestiere che negli anni successivi mi avrebbe dato buone soddisfazioni: linotypista. Altri tempi allora rispetto alle difficolta’ di lavoro dei giorni nostri. La settimana successiva gia’ lavoravo. Niente tredicesima, niente ferie, niente assicurazioni previdenziali, soltanto 250 lire l’ora che in ogni caso erano, per un ragazzo di quindici anni, molte. E mentre tu, caro fratello mio, frequentavi le scuole medie in Sicilia, io a Roma avevo il primo approccio con la realta’ lavorativa: dalle 19 della sera alle 7 del mattino (questo orario sarebbe durato 12 anni) piu’ il viaggio andata e ritorno Nettuno-Roma. Si e no riuscivo a dormire quattro ore a casa mentre gli autisti della corriera mi svegliavano all’arrivo a Roma o Nettuno. Dopo sei mesi decisi di andare ad abitare a Roma, in pensione, a casa di un amico e collega.
Nostra madre, che e’ stata una piccola grande donna, capi’ che non era possibile continuare a lasciarmi solo e dopo due anni decise di fare i bagagli e partire per Roma portando anche te. La famiglia si riuniva o quasi (papa’ sarebbe arrivato due anni dopo). I primi anni sono stati un po’ difficili, anche se allora vivevamo in molti la stessa condizione di emigranti (adesso lo sono molto di piu’ anche perche’ tutti vogliono moltissimo di piu’).
Io lavoravo, tu studiavi e mamma ci accudiva e badava alle finanze. Grande confidenza, caro fratello, non ne abbiamo mai avuta. Tu eri piu’ giovane di tre anni e frequentavi i tuoi coetanei mentre io, nel poco tempo libero, correvo dietro ai miei primi amori, tu diligentemente studiavi e a fine anno scolastico cercavi anche un lavoro per autosovvenzionarti. Uscivano allora i primi mangiadischi, i registratori Geloso e tu che studiavi elettrotecnica ne combinavi delle belle, ti eri iscritto anche alla Scuola Radio Elettra per corrispondenza e facevi esperimenti di ogni tipo mettendo in allarme talvolta tutta la famiglia. Ricordi quando ti sei inserito nella trasmissione “Tutto il calcio minuto per minuto”? Pazzie che solo allora e a quell’eta’ si potevano fare. Poi la naja sia per me che per te. Si ritorna alla vita normale, io in tipografia e tu, ormai diplomato e impiegato all’Enel che continui a studiare mentre lavori, ti laurei, scrivi anche un libro tratto dall’esperienza militare, ricordi? La vergine del kibbutz (dedicato ad Emilia P.). Mio fratello, che fino a ieri era per me un ragazzino, lo vedo inarrestabilmente crescere fisicamente e socialmente, diventare uomo indipendente che presto mi raggiungera’ e superera’. Ti ricordi? Quante volte, con mamma dicevamo che nei ragionamenti spesso eri “addivisco”! Ebbene, evidentemente avevamo torto, perche’ nella vita sono i risultati che contano e sinceramente posso affermare che hai raggiunto tutti i traguardi che ti eri proposto. Si dice che dietro un grande uomo c’e’ sempre una grande donna, perche’ hai trovato la compagna ideale simile a te nel carattere, nella tenacia, nel risparmio e nell’accumulo.
Nasciamo nudi, ma la vita – anno dopo anno – ci cuce addosso abiti diversi dovuti al nostro carattere, ai nostri sentimenti, alle nostre capacita’, alla nostra fortuna, alle occasioni fortuite. Ma gli affetti dovrebbero rimanere tali, invece molteplici fattori talvolta li mutano. Una nuova famiglia ti ha trasportato nella sua sfera affettiva e di influenza. Gente brava, meravigliosa, che ti ha dato tutto, certamente cio’ che forse nella nostra non avresti potuto avere. Ti trovavi bene e ne eravamo tutti contenti, ma negli anni si scollavano i vecchi affetti. I nostri vecchi ne soffrivano ma mamma era sempre pronta a trovare mille motivi per quest’assenza.
Sai qual e’, fratello mio, la cosa piu’ bella che mi resta oggi a quasi settanta anni? E’ il ricordo. Il ricordo della presenza attiva, del saluto dato con un bacio ogni volta che rientravo a casa, il loro sorriso o i loro rimproveri e li sento ancora vivi e vicini accanto a me. Due mesi fa, per la prima volta dopo sei anni, ho sognato mamma. Mi abbracciava dicendomi “Stai tranquillo, Totone’, stai tranquillo, va tutto bene”. Di queste cose si puo’ continuare a vivere pur avendo perso l’affetto di figli e fratello.
Sorrido compiaciuto al pensiero che per sentirti vicino, per sentirti fratello, per conoscere il tuo vero carattere, essere complice con te, tutti e due abbiamo dovuto cornificare le rispettive mogli. E’ stato per me un lungo bellissimo periodo. Quello e’ stato il vero fratello che ho amato. Poi, mentre io uscivo dal vecchio alveo familiare, tu invece sei rientrato nella tetra solitudine di una famiglia che e’ solo formale. Rispetto delle apparenze e interessi economici hanno avuto il sopravvento al richiamo del cuore. Ma non e’ mai troppo tardi per uscire dall’incantesimo nel quale sei stato attirato. Mi risuonano ancora le tue ultime parole: “Se non mi restituisci i soldi non sei piu’ mio fratello”. Da quel giorno non ti ho piu’ visto ne’ sentito. Hai trentottomila buone ragioni. Ho graffiato uno dei tanti muri che pazientemente hai tirato su negli anni: muri veri e muro virtuale tra te e gli altri.
La Provvidenza (nella quale tu non credi ma che dovresti sempre ringraziare) mi ha elargito un grandissimo dono: la salute. E io ringrazio Dio ogni giorno per questa fortuna. Nella vita di tutti i giorni, invece, mi ha fatto viaggiare sempre su treni che non arrivano mai a destinazione, ma io ringrazio ugualmente, perche’ non si puo’ aver tutto dalla vita. Appartengo alla categoria di persone che perdono sempre qualcosa e non trovano mai niente. Ma se io perdo un euro c’e’ uno piu’ fortunato che lo trova, forse a lui servira’ piu’ che a me.
Prima di addormentarmi dico sempre una preghiera e faccio sempre un esame di coscienza (reminiscenze del collegio). Errori, nella vita, certamente ne ho fatti tanti perche’ e’ nella natura umana sbagliare. Poi dico a me stesso che forse non sono stato proprio questo orco da meritare il ripudio tuo e dei figli. In un paese dove si e’ pronti a perdonare e difendere stragisti, assassini, pedofili e terroristi, sto pagando questo prezzo nonostante abbia lavorato cinquanta anni, dico cinquanta anni, tutti i giorni dalle dodici ore in su. Ho fatto degli errori, si’, e allora? Tutti nel lavoro e non tutti miei. Anche se con dolore mi addormento sereno. Sarebbe il caso che ognuno facesse un esame di coscienza, ma voi in collegio non ci siete mai andati.
Diventero’ di nuovo tuo fratello, forse, non appena avrai recuperato tutti i soldi che mensilmente fai togliere dal quinto della mia pensione? No, fratello mio, questi sono sentimenti naturali: o si hanno o non si hanno. Possibile che il denaro abbia inaridito cosi’ tanto il tuo animo? Se fai in tempo vola libero, scappa, esci dalle pastoie che ti intrappolano. Oltre il muro di mattoni esiste anche un’altra vita, fatta di semplicita’, di sorriso, di serenita’: quella che io – pur con le tasche vuote – ho trovato. Se poi questo volo ti portasse vicino a me avremmo l’occasione per recuperare gli anni perduti e dimostrare che nelle nostre vene scorre lo stesso sangue, quello stesso che ancor oggi sarei disposto a dare per te.
Per tutta la vita ti ho visto accendere mutui che ti sono serviti per tirare su muri e mattoni. Spero per i miei nipoti che non prendano la tua inclinazione. Se cosi’ fosse, quando un giorno morirai (e ti auguro tra tantissimi anni) sicuramente accenderebbero un mutuo anche per la tua tomba, sulla quale potrebbero scrivere la famosa frase: “Sempre addiziono’ e mai sottrasse. I parenti, riconoscenti, divisero”.
Abbiti un abbraccio dal tuo (per te) ex fratello.

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1 commento:

  1. solitamente il tempo ripara tutto, penso che questa regola varra' anche per te.
    Ciao. Vito

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