domenica 18 maggio 2008

Paese che vai usanze che trovi

Prima o poi sarebbe accaduto. Anzi, si era già verificato due volte in precedenti viaggi a Sofia, parcheggiare l'auto senza aver acquistato il tagliando di sosta oraria. In tutti e due i casi avevo trovato la vettura prigioniera delle ganasce. Telefonata, arriva il liberatore di ganasce che dietro pagamento di 9 leva le sblocca e tutto finisce lì.
Oggi alle 3,30 del mattino vado a prendere sotto casa Tania per accompagnarla all'aeroporto di Sofia. Tania è una giovane e bella ragazza bulgara che vive e lavora a Roma già da cinque anni. Ci siamo conosciuti insieme al cugino Stoyan e al fratello Bojcio e abbiamo coltivato una bellissima amicizia allargata - da quando vivo in Bulgaria - anche ai rispettivi genitori e parenti. Ogni volta che arriva o parte qualcuno di loro sono sempre pronto a fare da autista accompagnatore.
Partiamo per Sofia fermandoci alla prima stazione di servizio per fare il pieno di gas e prendere il caffè. I cento chilometri di autostrada che ci separano da Sofia li percorriamo ad un'andatura moderata di 100 km/ora. Bisogna arrivare all'aeroporto alle cinque perché alle sei c'è la partenza. Si viaggia con WizzAir, si risparmia, ma gli orari sono questi, prendere o lasciare. Percorriamo un lungo tratto pianeggiante della vallata in cui si trova Pazardzhik, poi inizia un continuo percorso montagnoso fatto di saliscendi che ci porta all'ultima discesa con ingresso a Sofia.
L'autostrada è a due corsie più una di emergenza, il pedaggio non esiste. Viaggiamo tranquillamente anche perché, data l'ora, il traffico è quasi inesistente. Il fondo stradale è alterno: alcuni tratti hanno il manto nuovo e bellissimo, altri invece sono rattoppati fino all'inverosimile e bisogna stare attenti all'insidia delle buche. D'altronde bisogna adattarsi, la strada per l'Europa è ancora lunga.
Alle 4,50 arriviamo alle porte di Sofia. Il percorso è sempre diritto, finisce l'autostrada e inizia la strada cittadina quasi senza accorgersene. Ci sono solo cartelli che indicano velocità massima 60 km/ora. Un poliziotto ai bordi della strada ci intima con la paletta di accostare. Mi fermo e dico a Tania di fare da interprete visto che dopo due anni ancora non capisco un tubo di bulgaro. Il poliziotto chiede i documenti e ci dice che abbiamo superato il limite di velocità. Io cerco di giustificarmi dicendo che andavo a sessanta ma lui mi indica un piccolo monitor che segnala ottantatre (d'altronde il mio contachilometri non funziona). Guarda i documenti, legge compiaciuto il mio nome italiano, poi guardando Tania la chiama "bambina" (forse conosce solo questa parola, o penserà che sia la mia donna, in ogni caso una confidenza che non gli spetta). Tania gli dice che abbiamo fretta di raggiungere l'aeroporto perché deve partire, cercando di commuoverlo. Lasciamo l'auto e ci conduce in un piccolo ufficio dove si trovano altri due suoi colleghi.
Uno di loro prende i miei documenti per iniziare a fare il verbale, poi dice a Tania che la multa è di 150 leva, ma siccome io non sono bulgaro bisogna andare a pagarla agli uffici di polizia e loro mi accompagnano. Inizia allora il mio dialogo con Tania: "Scusa, Tania, io adesso non ho con me 150 leva, pagherò la multa quando torno a Pazardzhik, e poi oggi è domenica". "Cosa vuoi che ti dica, loro mi dicono questo". Allora tiro fuori i soldi che ho in tasca, circa 40 leva, e li mostro. "Io adesso ho questi, se non pago cosa fanno, mi arrestano?". Tania è preoccupata di perdere l'aereo. Tira fuori il portafoglio e mostra 20 euro e la carta di credito. A questo punto uno dei due poliziotti dice a Tania che "va bene, lasciamo perdere, pagate il caffè e andate" e mi restituisce i documenti. Tania lascia sul tavolo i 20 euro (il poliziotto si è rifiutato di prenderli in mano) e nel frattempo l'altro poliziotto telefona dicendo a Tania che ha fatto strappare la foto dell'autovelox. Ci salutiamo, dovisdene, dovisdene, ciao bambina e ci lasciano andare. Mentre andiamo via il terzo poliziotto ci consiglia di andare piano perché più avanti c'è un'altra pattuglia. Ciao ciao.
Arriviamo in aeroporto con ritardo ma ancora in tempo. Saluto Tania che mi raccomanda di stare attento per il ritorno e mi dice "hai capito perché i poliziotti stanno tutti bene?".
Ritorno con la memoria al 1978 quando un divieto di sosta a Sofia mi è costato un pacchetto di Marlboro. Sono passati 30 anni, da allora c'è stata un'inflazione galoppante. In 30 anni da un pacchetto di sigarette a 20 euro, alla fine si accontentano di poco; ma il vizietto ereditato dal vecchio regime è duro a morire. D'altronde, come dice il proverbio,
"Paese che vai usanze che trovi".Mi viene da sorridere pensando che proprio ieri, andando sempre con Tania all'ufficio della motorizzazione di Pazardzhik, ho visto su un cartello appeso a una parete un segnale di divieto con sovrastampato "Ne korupcia" e un numero di telefono per denunciare eventuali tentativi. Ma forse a Sofia non sapevano del cartello di Pazardzhik. Nel frattempo da noi si dice "E l'omo campa", e aggiungo io: "e s'accontenta pure di poco".
Mi consolo pensando a quanto più pesanti sono le "bustarelle" dalle nostre parti. Ma questo è un altro discorso.

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