Mentre
l’Italia è in rivolta per la condanna per diffamazione inflitta dalla
Cassazione al direttore de “Il Giornale”
Alessandro Sallusti, questa volta devo ringraziare pubblicamente la
magistratura per il coraggio dimostrato nell’emettere la sentenza.
Perché questa
sentenza? La questione poteva essere risolta in tanti altri modi, ma si è
preferito l’effetto bomba. Che non avrebbe dovuto, in verità, produrre questo
effetto, perché i magistrati di Cassazione non hanno fatto altro che applicare
la legge, una legge vecchia e antiquata risalente al codice Rocco, e che i
nostri politici – i nostri imbelli politici – non hanno saputo o voluto
cambiare in 66 anni di democrazia parlamentare.
Non è da oggi
e non è la prima volta che la magistratura si sovrappone al potere legislativo
sostituendosi ai politici che non riescono a trovare il giusto equilibrio per
mandare avanti il baraccone Italia (qualcuno lo chiama ancora benevolmente
“sistema Italia”).
Venti anni fa
avvenne il terremoto “Mani pulite” con le epurazioni e aberrazioni che tutti
conosciamo e la magistratura da allora ha preso il sopravvento sui politici
che, anziché prendere atto degli errori e dei danni provocati al “sistema
Italia”, continuarono imperterriti e arroganti nei loro intrighi e interessi
personali, trascurando il bene comune. Né a qualcosa è valso l’ingresso in
politica di Silvio Berlusconi, perché su quel carro sono saliti più lestofanti
che persone oneste.
Oggi siamo
governati dai tecnocrati che cercano disperatamente di porre rimedio ad almeno
quaranta anni di malgoverno, comunque con scarsi risultati. La patria del
diritto è divenuta la patria della burocrazia, delle leggi e leggine che
impastoiano anziché sveltire il cammino della Nazione, abbiamo e continuiamo a far leggi che
superano il numero degli abitanti e ben poco servono ai cittadini e alle
imprese, siamo divenuti il secondo Paese corrotto e corruttore, dopo la
Bulgaria, dove si può tranquillamente delinquere, uccidere, stuprare, rubare, senza
avere mai colpevoli e soprattutto senza certezza della pena, e poi si manda in
galera per quattordici mesi un giornalista per diffamazione. Gli italiani se ne
rendono conto? Forse sì, ma esprimono tutto il loro sdegno semplicemente
sfogandosi su Facebook o su qualche altro social network.
Sallusti non è
il primo giornalista a cadere sotto questa mannaia; prima di lui successe a
Giovannino Guareschi, l’indimenticato autore di “Don Camillo e Peppone”, a
Stefano Surace, già settantenne, mentre Lino Jannuzzi scampò al carcere grazie
al provvedimento di clemenza del Capo dello Stato. Anche questa volta
l’indignazione popolare e la vasta eco suscitata dalla notizia, ha fatto sì che
neanche Sallusti vada in carcere. Ma il problema rimane. E la magistratura, provocatoriamente,
ha voluto evidenziarlo condannando, secondo legge, il giornalista.
Solo adesso,
forse, i nostri fetentoni nullafacenti di Montecitorio, troveranno il tempo e
la voglia di cambiare la legge e adeguarla ai tempi e al sistema democratico.
Ancora una volta preceduti dalla magistratura.
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